Un corpo che rifiuta gli aggettivi, il suo. Un corpo imprevisto e imprevedibile che da solo scardina schemi cinematografici e, prima ancora, sociali. Un corpo che è una sfida all’immaginario maschile e un simbolo per quello femminile, portatore di un’idea contemporanea di sensualità consapevole e non asservita. Un corpo, infine, che appartiene a una vera performer, ed è questo aspetto ad averla trasformata nell’interprete più singolare dei nostri giorni.

In principio fu Derek Jarman a farne la sua musa. Un riconoscimento spontaneo: due artisti si incontrano e specchiano l’uno nell’altro. Otto film, da Caravaggio a Wittgenstein, segnano il consolidarsi di un’amicizia e soprattutto una collaborazione che travalica il semplice rapporto attrice regista. Probabile che con Jarman la sfuggente Swinton abbia affinato l’arte di non lasciarsi addomesticare, certo dopo un lavoro di anni fianco a fianco la natura ambigua e la personalità bizzarra diventano ancor più un punto di forza, la chiave per scardinare le regole della recitazione classica e camminare su strade nuove, non importa se impervie.

Tilda Swinton in The Eternal Daughter
Tilda Swinton in The Eternal Daughter
RZ6A1610.JPG (Sandro Kopp )

Tilda Swinton ama il rischio, e parimenti il gioco. Per Guadagnino in Suspiria si trasforma in danzatrice dolente e austera. Nello stesso film si triplica e, con gesto performativo sorprendente, si fa uomo sopraffatto dai sensi di colpa e strega vendicatrice. Lei che era già stata vampira in Solo gli amanti sopravvivono e aliena decapitatrice di zombie ne I morti non muoiono di Jarmush, Orlando nel film omonimo di Sally Potter, Strega Bianca nei capitoli di Le cronache di Narnia, ricca dama ultraottantenne in Grand Budapest Hotel di Anderson. Una nessuna e centomila, ogni volta sorprendente. E lo è pure senza orpelli, quando a trasformarla è la passione come in Io sono l’amore ancora di Guadagnino.

Pedro Almodovar tra Julianne Moore e Tilda Swinton
Pedro Almodovar tra Julianne Moore e Tilda Swinton

Pedro Almodovar tra Julianne Moore e Tilda Swinton

Un sentimento che torna prepotente ad agitarla in The Human Voice di Pedro Almodovar, che la trasforma in una donna disperata perché abbandonata dall’uomo che ama nell’ennesima rilettura della pièce di Cocteau. Ed è ancora il regista spagnolo a regalarle il ruolo più intenso degli ultimi anni, quello di Martha in La stanza accanto, fotografa di guerra costretta a confrontarsi con l’idea della morte da un cancro che non lascia speranze. Creatura forse sì di un altro mondo ma centrata nel nostro tempo, autodeterminata e forte nell’incarnare le grandi questioni che assillano l’uomo contemporaneo. Artista completa, cui l’Orso d’oro alla carriera rende un omaggio doveroso al percorso dell’interprete e al contempo all’impegno della donna.