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Xavier Giannoli
(Cinematografo/Adnkronos) – "Volevo ritrarre lo stato del mondo e le sue contraddizioni, evitando la complicità voyeuristica o la semplificazione morale. La macchina da presa si muove tra la fascinazione estetica del male e l’interesse a lottare per la società". Così il regista francese Xavier Giannoli parla della serie in 12 episodi D’argent et de sang, tratta dall'omonimo libro-inchiesta di Fabrice Arfi, presentata oggi fuori concorso alla Mostra di Venezia. La storia è quella realmente accaduta della enorme truffa avvenuta nel 2009, con miliardi trafugati agli investimenti sulle cosiddette “quote di emissione di carbonio”, inventate per combattere l’inquinamento. Un gruppo di furfanti da quattro soldi di Belleville si unisce a un trader altolocato per mettere in atto un raggiro epocale, dove il “capitalismo da casinò” scatena passioni umane che vanno ben oltre la semplice cupidigia.
"Il libro di Arfi - sottolinea Giannoli - suggeriva già un adattamento. Già come lui raccontava la storia era molto spettacolare: ho capito subito che c'era materiale per una fiction, così nel ho parlato con il produttore Oliver Delbosc e poi ne abbiamo parlato con Canal+. Così il libro è servito da base per la sceneggiatura della serie".
Sulla differenza tra cinema e serialità, Giannoli taglia corto: "Io sono subito arrivato con la mia visione personale anche piuttosto radicale. E sono stato accompagnato dai produttori in questo. Avrei potuto fare anche più di 12 episodi perché il materiale era immenso ma è comunque un'opera cinematografica".
Nel cast della serie, che in Francia si vedrà ad ottobre, ci sono Vincent Lindon, Niels Schneider, Ramzy Bedia, Judith Chemla, David Ayala, Olga Kurylenko. "Siamo molto curiosi e impazienti di scoprire cosa ne penserà il pubblico perché la vicenda in Francia è molto nota", dice il produttore Oliver Delbosc. "È la più grande truffa commessa nel mondo - aggiunge Giannoli - e l'inchiesta è in parte ancora in corso. Oggi non sappiamo ancora quanti miliardi sono stati sottratti in soli sei mesi ad una cosa che doveva servire a combattere il cambiamento climatico. La politica ha fatto tutto quello che poteva? Le persone coinvolte dicono che lo Stato ha reagito rapidamente ma i truffatori sono stati più veloci. Il mio intento comunque non è dare un giudizio morale sul fatto ma analizzarne la complessità. La cosa che affascina è come dei semplici truffatori abbiano potuto ridicolizzare i grandi tecnocrati francesi", aggiunge il regista.
Quanto al registro narrativo, spiega: "Volevo mettere insieme il genere thriller con uno studio della morale, un’indagine ambientale e un viaggio spirituale. Un affresco che include varie classi sociali, dagli strati elevati ai furfanti da quattro soldi, da Wall Street ai casinò di Manila. Tra i pezzi di questo puzzle scorre un’energia affascinante. Decadenza e gioco d’azzardo sono ottimi materiali filmici, ma volevo proiettare un’ombra su di essi: un investigatore ossessivo alla ricerca della verità". L'investigatore è interpretato da Vincent Lindon: "Questo personaggio mi ha attratto notevolmente. Sono ossessionato dalla giustizia, dall'ingiustizia, dall'impunità. Ho amato questo personaggio perché mi ha permesso di sfiorare la follia, l'ossessione. Mi assomiglia. Era come svegliarsi bambino e vestirsi da cowboy. Un'esperienza indimenticabile", dice l'attore.