“Politicamente corretto o meno, oggi è più complicato far ridere”. Così Carlo Verdone, il re della risata, alla presentazione della terza stagione di Vita da Carlo . In anteprima alla Festa del Cinema di Roma e dal 16 novembre su Paramount+, la serie in dieci puntate, prodotta da Luigi e Aurelio De Laurentiis e interpretata dallo stesso Verdone che la dirige con Valerio Vestoso, questa volta ruota intorno al mondo della musica perché a Carlo verrà proposto di dirigere niente meno che il Festival di Sanremo.

“Gli sceneggiatori (Pasquale Plastino e Luca Mastrogiovanni, ndr) hanno pensato di farmi fare il conduttore di Sanremo - dice Carlo Verdone -. Nella vita reale è l’ultima cosa che farei, anche se morissi di fame. Non fa per me. Non è il mio lavoro, mi verrebbe finto e non lo saprei fare. Lo farei ingessato. Sarei un manichino sotto tortura. Non ho quei trucchi del mestiere che hanno Conti, Amadeus e Bonolis. Tutti presentatori che hanno una certa empatia con il pubblico”.

Protagonisti molti artisti della musica: da Maccio Capatonda a Gianna Nannini, da Zucchero a Francesco Motta fino a Gianni Morandi. Nel cast anche Ema Stokholma, nei panni della co-conduttrice di Sanremo (“il mio personaggio è un po’ svampito e irresponsabile, mi sono sentita al centro della scena perché Verdone ha sempre saputo valorizzare le donne che sono al suo fianco”), e il “Lucio Presta della situazione” ovvero l’immaginario Thomas Formica interpretato da Giovanni Esposito (“Per me Carlo è un mito, non lo conoscevo e sul set lo guardavo come se fossi stato a Disneyland”).

“Ho cercato di mettere molto me stesso: il mio modo di muovermi e il mio modo di essere talvolta un po’ sgraziato, mi sono dimenticato di essere davanti alla macchina da presa”, spiega. La novità di quest’anno? “Vivono di vita propria anche le vicende dei miei figli (interpretati da Caterina De Angelis e Filippo Contri), mia moglie (Monica Guerritore), la domestica (Maria Paiato) che comincia ad avere delle fissazioni di ludopatia. È un’immagine di un gruppo tormentato. E poi c’è stato un impegno produttivo notevole perché abbiamo girato al teatro Ariston, a Parigi e a Stoccolma”.

Nella serie Carlo è stanco e vuole lasciare il cinema. Anche nella realtà? “Il cinema non lo lascio. Non mi è mai balenata quest’idea. Il 14 novembre inizio la quarta stagione di Vita da Carlo e poi si fa finalmente un film. È da tanto che non faccio film, colpa anche del Covid. Intanto voglio chiudere bene questa tetralogia. Certo mi piacerebbe avere più relax, ma bisogna battere il ferro finché è caldo”.

E ancora su Sanremo: “Una volta mi hanno proposto di affiancare il conduttore, ma ho declinato gentilmente la cosa. Ho fatto tre volte la giuria al Festival, è stato faticoso e poi ha sempre vinto chi non volevo. Quindi questa giuria di qualità lascia il tempo che trova”.

Infine, sul politicamente corretto: “Oggi c’è un clima più cinico e il pubblico è meno disposto alla risata e al buon umore. Viviamo in una società complessa e non tanto felice. E bisogna anche stare attenti a quello che scrivi e al politicamente corretto. Abbiamo tante commedie, ma non riescono a portare il pubblico al cinema. La Cortellesi ci è riuscita perché ha sposato la riflessione e il divertimento. Questo dimostra che, insieme alla risata, ci vuole anche qualche altra cosa. Ci vorrebbe più coraggio da parte dei produttori e più sforzo da parte degli attori e del regista”.

Infine, conclude con un messaggio di speranza: “Ci sono dei ventenni straordinari che escono dal Centro Sperimentale, dalla scuola Volontè e da scuole private, sono tutti bravi e questo mi fa ben sperare per il futuro. Ci sono tanti giovani competenti. Questa nuova generazione fa ben sperare. E questa cosa di fare prima il casting e poi il film è una stupidaggine perché non è vero che i nomi grossi portano la gente al cinema. Per farlo ci vuole il film”.