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L’acquisto di Twitter da parte del tycoon di Tesla Elon Musk ha raggiunto le prime pagine di tutti i giornali non come l’ennesima “avventura” patinata e glamour da Sogno Americano, bensì come prima avvisaglia di una possibile bolla speculativa legata all’economia dei Social Media con scricchiolii significativi anche per quanto riguarda la tenuta della Democrazia, non solo americana, con tanta capacità comunicazionale in mano ad un uomo solo. Sulla scorta delle notizie legate a questa acquisizione, complicata e perfino rinviata di alcuni mesi per questioni tecniche ed economiche, il dibattito sui Social Media si è ancora più infervorato.
A rincorrersi diverse voci di licenziamenti a catena legati ad altri colossi dei media che, almeno per il momento, si sono rivelate infondate o quantomeno premature, ma che certamente destano una certa preoccupazione. Ad un mondo già in piena “deregulation” manca solo un’instabilità di natura finanziaria per rendere gli scenari futuri ancora più cupi. Del resto c’era da aspettarsi che l’acquisizione “ostile” di Twitter non sarebbe stata presa bene dal mondo dei media e nemmeno da quello della politica.
E come avrebbe potuto essere diversamente? Questo non solo per la rilevanza del coinvolgimento dell’uomo più ricco del mondo, ma anche per l’approccio insolito e quasi “brutale” di Musk che acquistando il Social Media dei cinguettii (da lui preferito come utente con 115 milioni e mezzo di follower) ha immediatamente decapitato il Board of Directors e, subito dopo, ha licenziato migliaia di dipendenti sollevando dubbi anche rispetto alla sicurezza della struttura tecnologica di Twitter.
Qualche testata americana ha perfino sottolineato come, alcuni dei licenziati, siano stati richiamati se non immediatamente, nel giro di qualche giorno, come dipendenti “essenziali” allo svolgimento del normale funzionamento del Social Media. Davvero una brutta pagina della storia dei media, soprattutto perché dà una dimensione preoccupante ad un mercato in costante transizione ed evoluzione, sempre più, però, dominato dall’ascesa di TikTok e del suo modello di fruizione.
Questo (brutto) segnale dato al mondo e al mercato, oltre a messaggi ammiccanti dello stesso Musk in direzione del free speech e del possibile reintegro di Donald Trump bannato con disonore dopo i gravi fatti dell’attacco al Congresso del 6 gennaio 2021, lasciano sinceramente perplessi non solo gli addetti ai lavori, ma anche gli utenti che non sanno se continuare ad utilizzare Twitter per il proprio interesse e divertimento, scegliendo quindi da che parte stare. Quarto Potere, pietra miliare della storia del cinema scritta e diretta da Orson Welles 80 anni fa, suggeriva come fosse molto pericolosa la concentrazione di politica e controllo mediatico nelle mani di un’unica persona: oggi, l’uomo più ricco del mondo, fondatore di compagnie di successo come PayPal, Tesla e – ovviamente – Space X, pur non essendo “interessato” direttamente alla politica, ha sostenuto i candidati repubblicani, argomentando che essendo lui un democratico, preferisca in ogni caso un equilibrio tra i partiti in nome della Democrazia. Al di là dell’opinabilità di questa posizione che risulta perfino un po’ qualunquista, i risultati elettorali sembrano dimostrare l’inefficacia di questa azione e dei suggerimenti di Musk, sebbene nessuno abbia prova del contrario, nonché dell’idea che se il magnate avesse rispettato la neutralità, l’esito avrebbe potuto essere ancora più favorevole al partito del Presidente Biden.
Fantapolitica? Forse, ma certo è che i Social Media, secondo uno studio recente non sono più lo specchio della società, ma hanno iniziato a influenzarne sensibilmente le idee, le abitudini e le nevrosi. Qualcosa che è sempre accaduto, ovviamente, da quando la stampa di Gutenberg ha favorito una migliore, più rapida e più capillare circolazione delle idee e della cultura, ma che adesso ha preso le misure di un fenomeno globale, per la prima volta, a dispetto delle pur presenti barriere linguistiche.
In questo senso l’acquisizione di un Social Media di successo come Twitter con la sceneggiata successiva del suo fondatore che ha perfino “rimpianto” pubblicamente gli errori commessi pentendosene e dolendosene, nonché piangendo sul proverbiale latte versato non ha fatto che amplificare dubbi e preoccupazioni rispetto ad entità ricchissime, sovranazionali e capace di diventare l’epicentro economico e politico di un mondo al limite del distopico al cui confronto la spaventosa “Fattoria degli Animali” di George Orwell sembra un pollaio di paese, con un’intera società globalizzata alle prese con istanze mai affrontate prima dall’umanità.
Questo perché i mass media e tutti i media in generale hanno una forte influenza e impatto sugli individui e sulla società al punto da non raccontare più le loro vite, ma plasmarle. Questo è un dato ancora più vero in società dove l’istruzione e la scuola sono in difficoltà, laddove molte persone si affidano ai media come fonte di informazioni senza nemmeno pensare se le notizie e le storie che leggono o che vengono raccontare loro siano vere o meno o abbiano perfino qualche fondamento. Inoltre, i media sono un'arma molto potente che può cambiare rapidamente le prospettive e le convinzioni delle persone attraverso magari una rappresentazione di alcune storie delicate che non tengano conto di quanto avvenuto in precedenza.
Al giorno d'oggi i presentatori, i telegiornalisti e tutti quelli che partecipano ai talk show iniziano ad offrire le proprie opinioni in maniera polarizzata. Idee e punti di vista che, spesso, anche di fronte all’errore e alla loro palese falsità vengono presi per verità sacrosante e non più per quello che sono, ovvero “visioni del mondo”, non sempre rispettabili, ma certamente del tutto personali, specialmente se si tratta di opinionisti e non di studiosi o esperti in materia. È così che nascono le fake news ed è così che – come è accaduto durante la pandemia – deliri No Vax, menzogne e omissioni sono stati presi per oro colato dal pubblico che non aveva gli strumenti culturali per capire quanto stesse accadendo in un momento in cui, tutti erano già disorientati per conto loro a causa dell’anomalia e dell’eccezionalità della situazione.
Ecco perché Twitter in mano ad un potente privato, per quanto di genio e di talento, non è una buona notizia, ma l’ennesimo rischio di danneggiare quel pluralismo e quella libertà di parola che lo stesso Musk ha messo tra le ragioni per cui ha comprato quel Social Media. Come se non bastasse, il ruolo dei media tradizionali e dei Social è stato amplificato dal vuoto lasciato dal crollo delle ideologie. Le idee si formano soprattutto in risposta a quanto leggiamo o vediamo scorrere davanti ai nostri occhi. Certo, ci sono il cinema, il teatro, le serie tv e perfino le altre arti visive nonché la cultura in generale.
Eppure, tutto questo è a rischio: il ruolo dei media è più grande di quanto non sia mai stato fino ad oggi. E sebbene la loro funzione primaria sia quella di raccontare la realtà e scoprire i fatti alla base delle cose che avvengono, non sempre le cose vanno per il verso giusto, anzi… Cambiare la mentalità delle persone attraverso i media per essere più liberali, lungimiranti, empatiche, permissive, comprensive e colte è un compito molto difficile. Il pubblico forma le proprie convinzioni e atteggiamenti, da solo o con altri, in risposta ai messaggi dei media. Il livello di influenza varia, tuttavia, e i messaggi non vengono ricevuti in modo uniforme da tutti i pubblici proprio a causa della loro grande diversità.
L'esperienza diretta, la conoscenza da altre fonti e la logica sono alcuni fattori che contribuiscono al grado in cui il pubblico accetta o rifiuta i messaggi dei Social Media e questi ultimi hanno un'enorme responsabilità nel fornire una narrazione che non perpetui miti o stereotipi, che incoraggi generalizzazioni o diffonda disinformazione. Siamo sicuri quindi che la concentrazione di questi strumenti nelle mani di poche persone dal reddito più alto di intere nazioni sia una cosa buona e che non costituisca in fondo un pericolo?