Dai primi gruppi musicali K-pop a Parasite (2019), da Old Boy (2003) a Squid Game (2021-2025), elementi diversi della cultura popolare coreana hanno attratto fasce di pubblico sempre più ampie e spinto nuove generazioni di studenti, curiosi e turisti a esplorare la ricchezza della Corea sin dalla fine degli anni Novanta del secolo scorso.

Nota anche come la penisola della “calma mattutina”, la Corea ha visto rapidamente crescere il suo impatto globale non solo in termini economici – quarta potenza asiatica, dodicesima a livello mondiale – ma in termini di attrattività, proprio grazie alla promozione delle industrie creative e del turismo, accompagnate dall’immagine di un paese accogliente e tecnologicamente avanzato.

Questa combinazione vincente di soft-power, strategie di marketing, sviluppo tecnologico e sostegno dei grandi conglomerati alla produzione culturale sembrava aver ormai consolidato un successo pressoché inattaccabile, facendo della produzione culturale coreana una sorta di brand accattivante, soprattutto in ambito pop ma non solo. Il recente premio Nobel per la letteratura alla scrittrice Han Kang ha sancito l’apice di questa crescita segnalando il contributo della tradizione letteraria coreana al patrimonio della narrativa mondiale.

Parasite
Parasite

Parasite

Nonostante ciò, segnali di polarità opposta hanno messo in evidenza le fragilità del paese, il più evidente lo ha rappresentato il recente tentativo di colpo di stato. Altre indicazioni, non disgiunte dalle dinamiche politiche, arrivano dal significativo rallentamento della crescita economica già a partire dalla pandemia da Covid-19, con indici legati all’export – uno dei principali settori dell’economia nazionale - sempre più bassi. Gli effetti di questa contrazione e la conseguente incertezza si riverberano inevitabilmente anche sulla produzione culturale, soprattutto sul cinema, un mercato che fino al successo globale di Parasite nel 2019 non aveva visto flessioni.

Durante il biennio in cui la Corea ha introdotto rigide restrizioni in risposta alla pandemia, infatti, qualcosa è cambiato, e molto più di quanto emerga dalle sporadiche notizie riportate in Italia. Sono cambiate in primo luogo le abitudini del pubblico che – come in molti altri paesi – nel periodo di chiusura delle sale cinematografiche si è abituato alla fruizione domestica, e allo streaming privilegiando il consumo del prodotto seriale su quello dei film.

Gli investimenti produttivi si sono spostati rapidamente verso le serie con la conseguenza che, pur avendo un ritorno garantito dato dagli accordi di broadcasting, non potevano più contare sugli eventuali grandi incassi dei film di successo. Gli investitori privati da cui il mercato cinematografico dipende sono diventati sempre più cauti, mentre i film già prodotti o in attesa di essere distribuiti non riuscivano più a trovare una data di uscita per il diffuso timore di generare perdite anziché utili.

Squid Game © Noh Juhan/Netflix
Squid Game © Noh Juhan/Netflix

Squid Game © Noh Juhan/Netflix

Tutto questo in una fase in cui i costi di produzione e di talents, sempre più richiesti anche in relazione alla produzione seriale, impattavano ulteriormente su un mercato nazionale precipitato velocemente dai risultati stellari pre-pandemia a una crisi di proporzioni inattese, di cui non si intravede ancora la fine. I professionisti coreani incontrati al festival di Berlino, pur mantenendo il generale ottimismo che conferma la generale positività dell’attitudine coreana, concordano nel definire l’ultimo quinquennio un periodo di grandi difficoltà.

Il mercato cinematografico nazionale non è riuscito a riconquistare il pubblico nazionale, nonostante la presenza di alcuni titoli e di nomi importanti ai maggiori festival, Night in Paradise di Park Hoon-jung presentato fuori concorso a Venezia nel 2020, Park Chan-wook con Decision to Leave e Song Kang-ho premiato come miglior attore per Le buone stelle di Kore’eda, questi ultimi entrambi a Cannes nel 2022, Cobweb di Kim Jee-woon presentato a Cannes nel 2023. Sono queste presenze sporadiche e con un ritorno economico e di immagine non sufficiente a rilanciare il mercato.

Nel contempo, la produzione si è fatta sempre più omogenea, entro generi codificati e con titoli a basso rischio, spesso destinati alle piattaforme e con scarsa circolazione internazionale. In questo quadro, gli autori più noti hanno rallentato ulteriormente i propri tempi di lavorazione concentrandosi sulla scrittura (Lee Chang-dong, Park Chan-wook) o lavorando a produzioni hollywoodiane di lunga gestazione come Bong Joon-ho per il lungamente atteso Mickey 17, quasi come se tutti condividessero una sorta di attesa in vista di una possibile ripresa del mercato nazionale.

BONG JOON - HO E ROBERT PATTINSON nel backstage di “MICKEY 17”. Courtesy of Warner Bros. Pictures
BONG JOON - HO E ROBERT PATTINSON nel backstage di “MICKEY 17”. Courtesy of Warner Bros. Pictures

BONG JOON - HO E ROBERT PATTINSON nel backstage di “MICKEY 17”. Courtesy of Warner Bros. Pictures

In conclusione, quella che sembrava essere la ricetta perfetta per il buon funzionamento del mercato coreano – analisi del pubblico, produzione commerciale di ottimo livello sostenuta da incassi che permettevano agli investitori di rischiare su progetti dal taglio autoriale, è crollata in poco tempo come un castello di carte. Persino il pubblico rimasto fedele alla sala cinematografica ha cambiato le proprie dinamiche di approccio ai film.

Come ci segnala Youngjoo Suh della società Finecut, produttrice da lungo tempo nel settore, oltre che figura cardine per la circolazione dei film coreani all’estero – fondamentale il suo ruolo nella distribuzione internazionale dei film di Lee Chang-dong, Park Chan-wook e Hong Sang-soo tra i tanti, se prima il pubblico pareva pronto a scommettere tutti i weekend su quasi ogni film in uscita, oggi si è fatto sempre più cauto. Anziché acquistare il biglietto sulla base di aspettative o del marketing precedente all’uscita, i giovani, e non solo, attendono piuttosto i commenti successivi all’uscita per decidere se investire tempo e denaro per entrare in sala.

E su questa linea anche il marketing dei film è stato costretto ad adattarsi al nuovo scenario modificando l’impatto della presenza dei cinema e dei film anche nello spazio urbano. Sono spariti i manifesti, le pubblicità e le forme di promozione visiva più tradizionali che in qualche modo inscrivevano l’immaginario cinematografico nella cultura metropolitana per spostarsi sui social media tramite contenuti mirati a gruppi più o meno ampi da raggiungere attraverso gli smartphone. Il successo di un film dipende così sempre di più dal passaparola digitale che sfugge alle analisi e ai sondaggi diventando spesso il risultato pressoché imprevedibile di dinamiche e fenomeni social, di frequente disgiunto dalla valutazione critico-estetica del film.

Decision to Leave
Decision to Leave

Decision to Leave

L’esempio più recente di questa trasformazione del mercato è il caso del sorprendente successo di Exhuma (titoli italiano: La tomba del diavolo, distribuito su diverse piattaforme) di Jang Jae-hyun nel 2024. Questo horror sull’occulto con protagonista Choi Min-sik (noto in Italia come il protagonista di Old Boy) è il film che nel 2024 ha in parte risollevato le speranze per la ripresa del mercato nazionale aprendo qualche spiraglio per nuovi investimenti nel settore.

Gli incassi stratosferici, superiori persino a quelli di Parasite nel 2019, lo hanno portato in vetta alle classifiche del box-office coreano con circa 12 milioni di biglietti venduti e un ritorno complessivo di quasi 98 milioni di dollari a fronte di un massimo di due milioni di biglietti venduti per la maggior parte dei film usciti nello stesso anno.

Presentato in anteprima mondiale al Forum di Berlino nel febbraio del 2024 in prossimità dell’uscita nazionale, ha visto poi crescere il proprio seguito anche al di fuori della Corea con una distribuzione in sala in diversi paesi e incassi record anche nel Sudest asiatico. Il sorprendente successo di Exhuma sembra riflettere la generale trasformazione in corso, l’importanza del passaparola digitale rispetto alla valutazione della critica o al profilo dell’autore.

L’esito delle produzioni cinematografiche nazionali, ormai sempre più scollegato dai dati statistici e dalle previsioni su cui si è lungamente basato, si inserisce quindi nel generale clima di incertezza, in attesa di ritrovare o ridefinire modi ad attrarre il pubblico come in passato.