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Paolo Sorrentino - Foto Karen Di Paola
"Il teatro di Mattia Torre viaggia su un doppio binario, fondamentalmente è comico ma si muove su temi estremamente profondi, delicati e paurosi. È un teatro estremamente contemporaneo e libero, non schiavo delle derive degli ultimi tempi, libero nell’uso delle parole, appassionato e coerente con gli argomenti che esplora. Mattia è stato un grandissimo indagatore di certi nostri vizi e miserie, amandoli e ricordandoci sistematicamente che quelle miserie possono essere amate”.
Paolo Sorrentino presenta Sei pezzi facili, sei tra le opere teatrali più famose del compianto Mattia Torre – Migliore, Gola, Perfetta, In mezzo al mare, Qui e ora, 456 – che il regista premio Oscar de La grande bellezza dirige per la tv e che per sei sabati consecutivi, dal 19 novembre, andranno in onda alle 22.00 su Rai 3 e saranno disponibili su Rai Play (Gola in anteprima sulla piattaforma da sabato 12 novembre).
"Mi manca molto Mattia, e questo lavoro in qualche modo è servito anche a me per poter sentire ancora una volta la sua voce”, dice ancora Sorrentino, che aggiunge: “L’altra ragione è che il suo teatro aveva bisogno di una divulgazione che solo la televisione e nello specifico la Rai poteva dare”.
Prodotto da Lorenzo Mieli, Gabriele Immirzi, Simone Gattoni, una produzione Fremantle in collaborazione con The Apartment, del gruppo Fremantle, Sei pezzi facili rientra a pieno titolo “nella migliore tradizione del servizio pubblico, progetto originale, proprio come Esterno notte di Bellocchio che andrà in onda tra qualche giorno, che fa della Rai la casa, il laboratorio dei più grandi registi, cineasti, intellettuali, proprio come accaduto in passato con i vari Fellini, Bertolucci, Ronconi, Olmi”, dice Carlo Fuortes, amministratore delegato della Rai, al quale fa eco Silvia Calandrelli, direttrice di Rai Cultura: “Credo di poter dire che Mattia Torre sia un classico della contemporaneità: non c’è più purtroppo e la missione del servizio pubblico deve essere quella di rendere il suo lavoro fruibile per tutti. Gli attori sono quelli che Mattia aveva scelto per interpretare questi pezzi, in teatro, ora la televisione ci consente di raggiungere più pubblico possibile. E Sei pezzi facili, grazie soprattutto a Paolo Sorrentino, diventa luogo di incontro tra linguaggi diversi, quello teatrale, televisivo e cinematografico”.
Prima promotrice dell’idea è stata Francesca Rocca, la moglie di Torre: “Ho avuto il privilegio di essere testimone di 15 anni di vita di Mattia, del suo lavoro. I suoi sono spettacoli di parola, e ogni parola doveva essere recitata come aveva stabilito lui. Quando abbiamo fatto la celebrazione per lui all’Ambra Jovinelli l’apertura la fece Lorenzo Mieli e quello che disse, il modo in cui lo disse, un po’ me l’aspettavo perché c’era una fratellanza che durava da anni con Mattia. Poi Paolo Sorrentino ha letto un pezzo che aveva scritto per Mattia e capii che l’aveva fotografato con precisione senza conoscerlo da tutto quel tempo. Era esattamente la descrizione di Mattia, soprattutto quello che io amo di Mattia. E quando ho pensato a come poter portare Mattia al più vasto pubblico possibile scegliere Paolo è stata l’idea più immediata”.
Autore teatrale, sceneggiatore e regista, Torre nel 2003 scrive il suo primo monologo, In mezzo al mare (preceduto da altre pièce scritte insieme al sodale Giacomo Ciarrapico), al quale seguiranno molti altri lavori, compresi quelli per la tv (da Buttafuori a Boris, fino a Dov’è Mario? e La linea verticale) e per il cinema (da Piovono mucche a Ogni maledetto Natale, passando per Boris – Il film e l’ultimo, diretto poi da Giuseppe Bonito, Figli): “Il teatro era la sua casa, la tv – che odiava e amava – il mezzo per arrivare a tutti, il cinema l’elemento che unisce tutto”, dice ancora Francesca Rocca, che ricorda: “Quello che ripeteva sempre Mattia è che la comicità serve per portare a bordo tutti per poi farli stare male” e aggiunge: “La cultura cosiddetta alta si è accorta di lui forse troppo tardi, ma credo che Sei pezzi facili sia il regalo più bello che gli si potesse fare per i suoi 50 anni, che avrebbe compiuto quest’anno”.
L’altro artefice della messa in moto del progetto è stato Lorenzo Mieli: “Volevamo creare un prodotto che non so definire perfettamente, ma che mettesse in scena per l’audiovisivo il teatro di Mattia Torre. Francesca è andata da Sorrentino e poi siamo andati in Rai. Dare ad un prodotto così la collocazione che ha è un regalo anche per noi che l’abbiamo fatto, è un oggetto molto particolare, è una cosa che da un lato, con il passaggio in tv, può aiutare a costruire all’infinito questa classicità di Mattia, dall’altro lo contiene e lo conserva sulla piattaforma. Le riprese sono state effettuate al Teatro Ambra Jovinelli che era di fatto il teatro di Mattia”.
Come detto, i Sei pezzi facili sono interpretati dallo stesso gruppo di attori che per anni ha portato in scena i testi di Torre: Valerio Mastandrea recita Migliore, Valerio Aprea recita Gola, In mezzo al mare e, insieme a Paolo Calabresi, Qui e ora, Geppi Cucciari è Perfetta, Massimo De Lorenzo, Cristina Pellegrino, Carlo De Ruggieri, Giordano Agrusta sono i protagonisti di 456.
"Mi fa piacere essere il primo ad andare in onda, come vittima sacrificale”, dice scherzando Mastandrea: “È stato un viaggio sentimentale, ognuno si è fatto il suo, ognuno ci ha messo dentro quello che sentiva, che provava. L’idea era quella di confrontarsi con un linguaggio diverso, una messa in scena filmica, e sento di dover ringraziare Sorrentino perché ha portato la sua emozione vicino alla nostra e non sopra la nostra. Ha avuto un approccio sano, lo stesso che avevamo tutti noi con il lavoro di Mattia. La grossa sintonia che avevamo umanamente con lui era quella di sentirci fragili, piccoli, contraddittori: Mattia scriveva da dentro, era un pensatore rapidissimo, violentissimo, già pensava alla cosa successiva e la scrittura era un tornare indietro. La sua originalità sta in questo, nel raccontare situazioni ed esseri umani verso i quali, seppur non aveva nessuna colpa, si sentiva responsabile”.
"Con tenacia Francesca ha voluto fortissimamente che questa cosa si realizzasse”, racconta Valerio Aprea, che aggiunge: “Ho provato una grande emozione, non solo professionale, perché tutto questo non è altro che il coronamento di un lavoro nato con questi testi ormai 20 anni fa, in sordina, nelle cantine. In mezzo al mare lo portavamo in scena al Cometa Off di Testaccio, dove per avere pubblico chiamavano le persone per telefono, quello fisso. E quando mi sono ritrovato a farlo, ripreso da un premio Oscar, non credevo fosse vero. Mattia starà godendo come un matto per questo, avrebbe amato tutte e 80 le persone della troupe di Paolo Sorrentino. Parliamo di teatro arricchito dal cinema che si mette al servizio della televisione. Non solo il suo teatro non è noioso, è proprio da paura. I giovani amano Boris? Allo stesso modo non possono non vedere questi spettacoli, è intrattenimento vero. E intrattenimento non è una parolaccia, è arte”.
Per Paolo Calabresi, poi, “Mattia ci fa ridere molto su cose anche stupide e concrete, poi a tradimento infila temi universali e terribili. Mi sono accorto solo di recente che alla fine tutti gli spettacoli parlano di morte e pensare che questo sia il pedale che ha tenuto premuto nella scrittura ben prima che lui sapesse di avere poco tempo a disposizione credo sia per tutti noi abbastanza lancinante”.
"Ho avuto e ho ancora il privilegio di portare in teatro Perfetta, l’ultimo monologo scritto da Mattia, dice Geppi Cucciari: “Monologo di una donna che non sono io ma che mi somiglia più di ogni altro personaggio che ho mai interpretato. Ci siamo approcciati a questo lavoro che grazie a Sorrentino può ambire a quello che Mattia meritava, ovvero l’immortalità. In questo modo il teatro entra nella casa delle persone”.
Infine, dal punto di vista tecnico, Sorrentino – che torna a dirigere per la Rai “il teatro”, dopo le eduardiane Sabato, domenica e lunedì e Le voci di dentro – spiega: “Ho cercato di fare una regia con dei minimi appigli cinematografici perché è l’unica cosa che so fare, rispettando il più possibile quelle che erano le idee di Mattia, senza alterare le sue decisioni, quello che era stato pensato da lui, che era autosufficiente e compiuto. Non aveva bisogno di chissà quali interventi, se non di ritmo cinematografico che poteva essere declinato in televisione. Quando le cose non funzionano si tenta di supportare con la fantasia, quando funzionano non c’è bisogno di aggiungere, perché si rischia di diventare ridondanti e retorici. Non serviva uscire dallo spazio teatrale, fare qualcosa che assomigliasse a un film, cosa che sarebbe stata necessaria invece con testi deboli e attori così così. Secondo me la strada da perseguire era questa, trovare gli angoli delle inquadrature, il ritmo televisivo che combaciasse con il ritmo teatrale di Mattia Torre, che per me è già oggi un classico”.
E ipotizzare un nuovo approdo cinematografico delle opere di Torre? “Qui e ora e 456 sarebbero meravigliosi punti di partenza per farne dei film”, dice il regista. Chissà...