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Matteo Garrone a Venezia 80 - Foto Karen Di Paola
"L'idea era quella di raccontare il viaggio epico di due giovani migranti senegalesi che attraversano l’Africa, con tutti i suoi pericoli, per inseguire un sogno chiamato Europa".
Matteo Garrone presenta Io Capitano, film scritto dallo stesso regista insieme a Massimo Ceccherini, Massimo Gaudioso e Andrea Tagliaferri, coproduzione Italia-Belgio, oggi in concorso alla 80° Mostra di Venezia (prima volta in gara al Lido per il regista di Gomorra e Pinocchio, che dal 2008 al 2018 ha portato 4 film consecutivi in concorso a Cannes).
Nelle sale da domani, 7 settembre, con 01 distribution (203 copie), il film racconta il viaggio avventuroso e doloroso di Seydou e Moussa (Seydou Sarr e Moustapha Fall), due giovani che lasciano Dakar per raggiungere l’Europa. Un’Odissea contemporanea attraverso le insidie del deserto, gli orrori dei centri di detenzione in Libia e i pericoli del mare.
"Per realizzare il film siamo partiti dalle testimonianze vere di chi ha vissuto questo inferno e abbiamo deciso di mettere la macchina da presa dalla loro angolazione, privilegiando il loro punto di vista in una sorta di controcampo rispetto alle immagini che siamo abituati a vedere dalla nostra angolazione occidentale, nel tentativo di dar voce, finalmente, a chi di solito non ce l’ha", dice ancora Garrone, che sulla scelta del Senegal come punto di partenza spiega: "Ci sono tanti tipi di migrazioni, molte sono quelle legate alla guerra, ai cambiamenti climatici e a tante altre disperazioni. Quella che raccontiamo noi è una migrazione diversa: il 70% della popolazione africana è giovane, la globalizzazione è arrivata anche lì e attraverso i social questi ragazzi hanno una finestra sull'Europa. C'è il desiderio legittimo ad accedere ad un futuro che credono migliore, così come noi da giovani pensavamo di partire per andare alla scoperta dell'America. Noi potevamo prendere l'aereo, loro devono affrontare prove mortali e questa è l'ingiustizia di fondo. Vedono coetanei che arrivano in vacanza in Senegal e loro non possono invece andare in Europa. A volte si parla meno di questo aspetto, ma è un tipo di migrazione che esiste, quella dei giovani che vogliono scoprire il mondo e magari avere più possibilità per aiutare la propria famiglia".
Interpretati da Seydou Sarr e Moustapha Fall, i due protagonisti sembrano inizialmente muoversi in un contesto simile a quello del Pinocchio di Collodi: un caso che Io Capitano arrivi proprio dopo il Pinocchio diretto nel 2019? "Prima di realizzare quel film avevo pensato di fare un Pinocchio migrante - racconta Garrone, anche produttore del film -. È qualcosa che a ben vedere si sposa perfettamente con la storia che raccontiamo nel film: Collodi cercava di mettere in guardia i piccoli dalla violenza del mondo circostante. Questo è il viaggio di un ragazzo che insegue il paese dei Balocchi tradendo la madre, partendo di nascosto, come Pinocchio fa con Geppetto e attraverso questo viaggio si scontra con la violenza del mondo che incontra".
Dal Senegal al Niger, passando per il Mali per poi arrivare nei terrificanti lager libici: "Io Capitano è il frutto di un grosso lavoro di documentazione durato qualche anno e poi per cercare di trovare la verità di questa storia ci siamo affidati alle testimonianze di chi questa storia l'ha vissuta in prima persona".
Come Mamadou Kouassi Pli Adama - che insieme a Fofana Amara, Arnaud Zohin, Brhane Tareka, Siaka Doumbia, Chiara Leonardi, Nicola di Robilant - figura nei credit per la collaborazione alla sceneggiatura: "Mamadou - dice ancora il regista - è stato fondamentale per aiutarci a creare tutta la prima parte del film, ma anche per gran parte del viaggio che poi i ragazzi dovranno affrontare, il deserto, la Libia. È stato un lavoro assolutamente collettivo, uno scambio, nel senso che loro mi hanno raccontato le proprie esperienze e io ho cercato di mettere le mie competenze tecniche. Quando avevamo qualche problema drammaturgico chiamavamo Mamadou e lui come il Mr. Wolf di Tarantino risolveva tutto in un attimo".
Giunto in Italia 15 anni fa, Mamadou Kouassi ora vive a Caserta e fa il mediatore culturale: "Queste sono storie che non vengono raccontate spesso. Storie che raccontano la voglia di noi giovani di cercare altre possibilità, io l'ho fatto 15 anni fa attraversando il deserto dell'Africa subsahariana, sono passato per la Libia, ho visto persone vendute, imprigionate, torturate. Questa di Matteo è una storia vera che anche io ho vissuto in prima persona. E io ringrazio lo Stato italiano se oggi posso essere qui, vestito così. Io vivo a Caserta e so qual è la realtà che Matteo raccontò allora con Gomorra, stavolta l'adesione al racconto è la stessa. Questo film aiuta anche a riflettere sulla possibilità di permettere alle persone di viaggiare liberamente e raggiungere l'Europa non in questo modo, perché solo così si può debellare il traffico di vite umane".
Strutturato come fosse "il viaggio di un eroe", Io Capitano è "la fusione tra il mio sguardo e il loro vissuto, le loro testimonianze. Io credo che l'arte da sempre sia fatta di contaminazioni", dice ancora il regista, che glissa sulla non partecipazione del film a Cannes lo scorso maggio ("Sono felice di essere a Venezia per la prima volta in concorso, penso che il festival possa dare al nostro film un grande aiuto per raccontare al pubblico quello che abbiamo fatto, pubblico che poi deciderà se andarlo a vedere o no") e torna a concentrarsi sul senso della sua opera.
"Di solito quando racconto una storia cerco di sorprendermi e sorprendere lo spettatore. L'Africa è formata da 52 stati, esiste una migrazione anche all'interno dell'Africa stessa, perché per arrivare in Europa va considerato anche un grosso investimento economico e quindi non molti intraprendono il viaggio fuori dal Continente. Credo sia importante raccontare i riflessi di una globalizzazione arrivata anche lì, questi due ragazzi partono da una povertà che è comunque dignitosa ma cercano fortuna altrove, in quella specie di Paese dei Balocchi che loro credono sia l'Europa. A spingerli è anche la sete di conoscere il mondo. L'ingiustizia di fondo è quella che per compiere questo viaggio devono passare le pene dell'inferno. Ed è un'ingiustizia legata ad un tema complesso, difficile da risolvere. Noi abbiamo cercato di scrivere il film seguendo i canoni del racconto d'avventura, sperando che l'opera finita sia accessibile per i giovani che magari, chissà, vedranno anche nelle scuole, e finiranno per sensibilizzarsi nei confronti di certe tematiche".
Prodotto da Archimede e Rai Cinema, Io Capitano come detto arriverà nelle sale da domani, 7 settembre: “Per noi – come ogni volta con un film di Garrone – è un’opera che rappresenta molto, importante, significativa. Anche per questo insieme a Matteo abbiamo scelto di far uscire Io Capitano in lingua originale, perché sinceramente non riusciamo ad immaginare la prova di questi ragazzi doppiata in italiano. Non avrebbe avuto alcun senso”, dice l’ad Rai Cinema Paolo Del Brocco.