Siamo il Paese nella storia che ha vinto più statuette al miglior film straniero, oggi internazionale, ma gli allori non ipotecano il presente: il qui e ora è che Vermiglio di Maura Delpero, contro le previsioni, non è entrato nella cinquina del Best International Feature Film dei 97esimi Academy Awards. Il prossimo 2 marzo faremo il tifo come agli ultimi due Mondiali di calcio: non per l’Italia, insomma.

Quando un Paese candida il proprio film accetta di partecipare al gioco competitivo degli Academy Awards: nessuno mette in dubbio che la qualità del film, e Vermiglio l’ha in purezza, sia uno dei fattori fondamentali, ma è solo uno dei fattori.

Per avere chance di vittoria, l’opera candidata deve essere vista il più possibile e promossa il più possibile. I membri dell’Academy hanno molti film da vedere, e il tempo a disposizione è poco, sicché la visibilità - la persistenza e l’insistenza della visibilità - del film è fondamentale.

Quali sono i fattori chiave che catalizzano questa visibilità?

Il fattore economico, il fattore tempo e il fattore potere, ovvero il peso del Paese, di produttori-distributori, nonché di registi e attori coinvolti.

Partiamo dal fattore economico: per la campagna di Emilia Pérez, dicunt, Netflix ha messo sul piatto circa 50 milioni di dollari; Vermiglio, gettando il cuore e il fund raising oltre l’ostacolo, non è arrivato a un milione. Ovvio che il film di Jacques Audiard, peraltro azzoppato da Karla Sofía Gascón, rimanga un caso a sé stante, ma altrettanto ovvio è che avere a disposizione un buon gettone permetta di arrivare ai votanti sia attraverso la mera pubblicità che attraverso le serate di proiezione e cena – i membri vedono il film, mangiano, bevono, parlano con regista e talent. Il convivio è prezioso, sicché i publicist in grado di portare molti votanti ottengono cifre esorbitanti per il lavoro di convocazione. Moltiplicare queste serate è dirimente, a Vermiglio avrebbe giovato potersene permettere di più, ma appunto servono i fondi

Una buona campagna Oscar deve poter contare su un sostegno economico ingente e sicuro, fin dai suoi primi passi. Nel caso di Vermiglio, e di una piccola casa di produzione quale Cinedora, è stato difficile assicurarselo.

Per molte settimane Delpero e sodali hanno dovuto convivere con l’incertezza, ovvero senza sapere se il fondo ministeriale (150 mila euro) per la promozione fosse disponibile: era stato tolto dall’ex ministro Sangiuliano, poi fortunatamente il Ministero ha riassicurato un sostegno a ridosso dell’entrata di Vermiglio in shortlist del 17 dicembre 2024, ovvero a poche settimane dalla chiusura della campagna e durante le Feste, allorché la promozione come tante altre attività sconta prevedibili intasamenti e lentezze.
Pur ottimo, un partner come Rai non è sufficiente per l’impresa, sicché Cinedora si è messa a cercare fondi regionali, provinciali, privati: un impegno enorme da concentrare in pochissime settimane, laddove andrebbe organizzato e sviluppato mesi prima.

S’intende, con il supporto del proprio Paese: istituzioni e privati dovrebbero confermare il proprio impegno per il candidato dall’Italia all’Oscar all’inizio dell’anno, affinché quando a settembre si sceglie il titolo la macchina già oliata sia pronta a partire. Altrimenti detto, l’Italia dovrebbe convocare gli sponsor privati e confermare il sostegno pubblico, prima ancora di passare la palla alla casa di produzione e alla distribuzione del film designato.

Qui entra in gioco il fattore tempo. Che vuole una considerazione parzialmente a latere: negli ultimi anni si osserva come i film che escono nella prima parte dell’anno abbiano più chances di essere nominati. Non fa eccezione quest’ultima tornata, fatto salvo Io sono ancora qui di Walter Salles - autore conosciuto, già nominato all’Oscar, distribuito da un colosso come Sony Pictures Classics.

Una première nella prima parte dell’anno implica per i distributori la possibilità di organizzare l’uscita nazionale prima delle votazioni, assicurandosi non solo una doviziosa copertura stampa ma che paesi, e relativi votanti, abbiano sentito parlare del film già da settimane, se non mesi. Vermiglio, viceversa, ha affrontato la campagna Oscar senza essere uscito in nessun Paese tranne l’Italia: la distribuzione negli Usa arriva negli ultimissimi giorni di dicembre; accompagnata da una recensione a quattro stelle sul Guardian, la data di uscita nel Regno Unito, il Paese europeo con più votanti in assoluto, è il 17 gennaio - il giorno in cui avrebbero dovuto chiudere le votazioni, poi dilazionate per i roghi a Los Angeles. Da lì in poi, Vermiglio può beneficiare di una copertura stampa anglofona ottima quanto inutile: nessun votante fa in tempo a leggere, nessun passaparola può generarsi.

Il Paese che s’appresti a designare il candidato di bandiera intenda, i film che escono nella seconda parte dell’anno, anche veicolati da festival prestigiosi quale Venezia, necessitano un aiuto economico-organizzativo aggiuntivo, atto ad agevolare l’uscita in sala del suddetto film nei vari Paesi nei primi mesi della campagna, ovvero ottobre e novembre. Peraltro, l’Italia che è la casa di un festival importante quale la Mostra avrebbe un doppio ritorno d’immagine laddove il titolo designato fosse veneziano. (continua)
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Questo articolo è stato originariamente pubblicato il 6 febbraio 2025 su Koyaanisqatsi, la newsletter di Federico Pontiggia per Cinematografo: iscrivetevi, è gratis