Non è solo una sezione autonoma all'interno della Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia: le Giornate degli Autori, giunte quest’anno alla ventesima edizione, somigliano sempre di più a uno spazio aperto, un “universo”. “C’è il desiderio di espandersi – spiega Gaia Furrer, direttrice artistica – ma il filo conduttore resta il cinema. È un progetto culturale e politico”.

I film, naturalmente, ma anche le masterclass – “realizzate con il Centro Sperimentale di Cinematografia, voglio sottolinearlo”, rivendica Furrer – con, tra gli altri, l’attrice e regista del Québec Monia Chokri, il presidente della giuria João Pedro Rodrigues e la grande artista e regista Shirin Neshat cui quest’anno Cinematografo e l’accademia NABA attribuiscono il Premio per le Arti della Visione “Le vie dell’immagine”; gli incontri sulla parità di genere e sul MeToo organizzata con 100autori e su algoritmi e intelligenza artificiale a cura dell’ANAC; la formazione degli spettatori di domani con i 27 giovani appassionati di cinema di tutti i paesi dell’Unione Europea che, dopo aver composto la giuria ufficiale delle Giornate, saranno gli ambassadors del LUX Audience Award (“L’obiettivo è cercare di costruire una visione e una nuova generazione di spettatori”, spiega Furrer).

Un’edizione dedicata a due figure che hanno segnato la storia delle Giornate: il fondatore Citto Maselli, scomparso a marzo, e Andrea Purgatori, presidente dal 2019 e alla cui memoria è intitolato il premio SIAE alla carriera per un artista italiano di risalto internazionale.

Furrer, questa è la quarta edizione che firma come direttrice artistica. Qual è la situazione dal suo osservatorio?
Sono aumentati i film che riceviamo: prima ci attestavamo sotto il migliaio, quest’anno ne sono arrivati 1200, metà dei quali esordi. Crescono i documentari e le coproduzioni. La parità di genere non è assolutamente raggiunta, ma abbiamo voluto inserire nel programma tanti ottimi film girati da registe. È un programma equo, anche se non corrisponde fedelmente alla situazione attuale (le registe in concorso sono Stefanie Kolk con MelkÉlise Girard con Sidonie au JaponAriane Louis-Seize con Vampire humaniste cherche suicidaire consentantAfef Ben Mahmoud Backstage diretto con Khalil BenkiraneDelphine Girard con Quitter la nuit).

Sidonie au Japon
Sidonie au Japon

Sidonie au Japon

E dal punto di vista geografico?
L’anno scorso abbiamo notato un grande fermento dal Nord Africa e dal Medio Oriente, quest’anno non possiamo ignorare il grande ritorno dell’Europa occidentale. Due film rappresentano il continente asiatico, uno dal Giappone e uno, meno scontato, dalla Malesia. Voglio sottolineare le coproduzioni: Slovacchia, Repubblica Ceca e Ucraina per Photophobia di Ivan Ostrochovský e Pavol Pekarčík e Francia, Palestina, Belgio e Qatar per Bye Bye Tiberiade di Lina Soualem. E ci sono molti produttori italiani che stanno stringendo alleanze con altri paesi.

E infatti il cinema italiano è schierato in modo piuttosto originale, una “Italia fuori dall’Italia”.
I film italiani che ci hanno parlato di più sono i film che non parlano italiano. È una scelta di campo: siamo dalla parte di chi sfida le leggi del mercato e rifiuta le regole del glamour. L’unico italiano in concorso – che è anche il film d’apertura – è Los océanos son los verdaderos continentes di Tommaso Santambrogio (classe 1992): un film internazionale, coraggioso come i suoi produttori Marica Stocchi e Gianluca Arcopinto, totalmente in armonia con gli altri titoli in gara, girato in bianco e nero, a Cuba, parlato in spagnolo.

Los océanos son los verdaderos continentes
Los océanos son los verdaderos continentes

Los océanos son los verdaderos continentes

Due italiani anche negli Eventi Speciali.
In L’expérience Zola (coproduzione italo-francese), Gianluca Matarrese si confronta con Lo scannatoio di Zola e passa senza soluzione di continuità dalla fiction al documentario, tra il teatro e la vita. E poi c’è L’avamposto di Edoardo Morabito, girato in Amazzonia: un grande sforzo produttivo, uno sconfinamento fisico con un protagonista, l’eco-guerriero Christopher Clark, che è non è semplicemente ambientalista ma una figura herzoghiana, un novello Fitzcarraldo che vuole sensibilizzare Sensibilizzare il mondo capitalista ed è pieno di contraddizioni. Sono film eccentrici, originali, artisticamente e produttivamente ambiziosi. Ma c’è anche un cinema italiano che ci convince nella sezione off Notti Veneziane, realizzata in accordo con Isola Edipo e che restituisce uno sguardo in presa diretta sugli immaginari che animano la produzione audiovisiva contemporanea del nostro paese.

Tra i titoli del concorso c’è Vampire humaniste cherche suicidaire consentant della canadese Ariane Louis-Seize. Venezia, quest’anno, sarà piena di vampiri, dal Pinochet di Larraín in Concorso con El conde a quelli di Le vourdalak che combattono il patriarcato alla Settimana della Critica…
Assolutamente una casualità, quando ho visto le altre selezioni sono rimasta stupita. La nostra è una vampira atipica, una ragazza amletica che infrange i codici familiari: è “malata” di empatia, rifiuta di mordere perché ucciderebbe.

Vampire humaniste cherche suicidaire consentant
Vampire humaniste cherche suicidaire consentant

Vampire humaniste cherche suicidaire consentant

Quanto è forte lo sguardo sul presente?
Non ci interessa una selezione ombelicale, ma il tentativo di riflettere su ciò che ci accade intorno. I registi che abbiamo scelto ci riescono: per noi è una gioia avere film di valore che non dimenticano il dovere morale della testimonianza. Da quando sono direttrice artistica alle Giornate io ci tengo molto che abbiano una impronta politica .È importante raccontare i temi che incendiano il mondo attraverso uno sguardo autoriale. Ma non c’è una visione programmatica: a guidarci sono i film.

Qualche esempio tra i film di quest’anno?
Aftab Mishavad (The Sun Will Rise) di Ayat Najafi, un documentario iraniano girato in clandestinità a Teheran nell’ottobre 2022 durante le rivolte. È girato dentro un teatro, dove una compagnia sta provando la Lisistrata di Aristofane. È un film di corpi, piedi, gambe, non si vedono mai volto per questioni di sicurezza: avremmo mai potuto rifiutarlo? Oppure Photophobia, che ci fa vedere la guerra ad altezza di bambino.

Le Giornate omaggiano il cinema del Québec con un tributo a Jean-Marc Vallée, scomparso nel 2021. Come mai?
Nel 2005, Vallée portò alle Giornate C.R.A.Z.Y., che lo consacrò come autore, ed è tornato nel 2011 Café de Flore. Vogliamo ricordarlo con un festeggiamento globale suggellato dalla visione del restauro di C.R.A.Z.Y..

È un caso che ci siano due film dedicati a Patrizia Cavalli?
Sì! This is how a Child Becomes a Poet è un dono che ci ha fatto Céline Sciamma, che l’anno scorso è stata presidente di giuria. Una lettera d’amore dedicata a Patrizia Cavalli e il film è girato nella casa di Patrizia Cavalli, a cui Sciamma era molto legata. Un cortometraggio che abbiamo ricevuto molti mesi fa, prima di Le mie poesie non cambieranno il mondo: un film più tradizionale, certo, ma una vera sorpresa, con l’ultima intervista della poeta ad Annalena Benini e Francesco Piccolo.

This is how a Child Becomes a Poet
This is how a Child Becomes a Poet

This is how a Child Becomes a Poet

Sciamma che torna e “dona” un film: cosa rappresenta per le Giornate?
Quando scegliamo un o una presidente, non lo facciamo in base ai suoi gusti ma per l’audacia dello sguardo, per come sanno essere espressione artistica, umana e politica. Tant’è che il dialogo con loro prosegue anche oltre il festival. Alle Giornate ci sarà un’altra autrice libera e coraggiosa, Teona Strugar Mitevska: anche lei ci ha offerto qualcosa di prezioso, 21 days until the end of the world, un film personale e autoprodotto come quello di Sciamma, un diario intimo in cui si mette a nudo. Mi sembra che sia questa la cosa più bella delle Giornate: l’intimità.