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Marco Rocco e Luca Fezzi, autori del libro "Morituri. La vera storia dei Gladiatori" (Garzanti 2024, 352 pp., € 19)
Non cavalcavano rinoceronti, non affrontavano scimmie assassine né inscenavano naumachie in un Colosseo trasformato in una mega vasca in cui nuotavano gli squali. Checché ne dica Ridley Scott, il suo Gladiatore 2 potrà forse battere ogni specie di avversario, umano e non, ma non passerebbe indenne a un esame di storia, considerata la mole di inesattezze e fesserie che infiocchettano il film decisamente oltre la libertà d’inventario. Invenzioni anche grossolane, come quelle che vengono smascherate da Luca Fezzi e Marco Rocco in uno studio appena pubblicato da Garzanti, Morituri. La vera storia dei gladiatori , a partire proprio dalla formula latina ripresa del titolo, quel «morituri te salutant» erroneamente attribuita ai gladiatori: “La formula compare soltanto una volta, in un episodio databile durante il regno di Claudio e riportato dal biografo latino Gaio Svetonio Tranquillo”, ci rivela Fezzi. “A pronunciarla prima di cimentarsi in una sanguinosa riproduzione di una naumachia sul lago Fucino furono 19 mila prigionieri, tutti condannati a morte e criminali comuni. Non erano nemmeno gladiatori dunque. Svetonio racconta che Claudio, al grido di quella folla di disgraziati, rispose “anche no”. Al che quelli, pensando fosse la concessione della grazia non vollero più combattere. Fu l’imperatore stesso, perdipiù claudicante, a correre intorno al lago minacciando e supplicando perché riprendessero il combattimento.”
Ma chi erano veramente i gladiatori?
Luca Fezzi:“Dei professionisti. Schiavi il più delle volte, ma non mancavano anche uomini e donne che si facevano ingaggiare come gladiatori. Si allenavano per anni, erano splendidi atleti. E andavano mantenuti bene, perché costavano e fruttavano tanto. Campioni della lotta disposti anche a morire, per il piacere dei filosofi. Un vero e proprio capitale per i loro proprietari.
Ovvero?
Marco Rocco: “I lanisti. Nel dittico del Gladiatore potrebbero essere i personaggi di Proximo (Oliver Reed, ndr) e di Macrinus (Denzel Washington). Figure disprezzate dalla società romana. Essenzialmente sono affaristi con un capitale umano da gestire. Il loro stesso nome fa riferimento al macellaio. I loro profitti sono determinati dalla bontà della carne che affitta o che vende, per questo deve avere cura dei propri uomini, assicurandogli una dieta particolarmente ricca anche se non necessariamente sana, una dieta comunque che in pochi all’epoca potevano permettersi. Erano seguiti da medici, tutto questo all’interno del ludus, che era il luogo dove si allenavano, si nutrivano, vivevano, dove potevano ricevere visite e incontrare le loro compagne. Era il luogo in cui la familia voleva assieme: dal lanista in giù, compresi tutti quelli che lavoravano per lui, gli inservienti, figure sullo sfondo e purtuttavia necessarie allo svolgimento dei giochi.
Difficile pensare che un simile capitale potesse essere dato in pasto ai leoni nell’arena…
Marco Rocco: “Quello era il destino dei martiri cristiani o dei condannati a morte, non dei gladiatori! Le arene ospitavano regolarmente a mezzogiorno le esecuzioni, durante la pausa pranzo. Mentre i combattimenti veri e proprio, dove si fronteggiavano i professionisti avvenivano dal pomeriggio al tramonto.”
Non combattevano con gli animali dunque?
Luca Fezzi: “Molto difficile. Dobbiamo immaginare che questi atleti ben tenuti, rifocillati, allenati per anni e anni con una tecnica meravigliosa non potevano essere sacrificati così, schiacciati magari dagli elefanti. Erano cose per i condannati a morte lo scontro con le bestie. Inoltre erano quasi sempre dei duelli. Difficilmente degli scontri di gruppo. Ne abbiamo giusto uno con Cesare. C’erano anche due arbitri per incontro, era molto meno selvaggio rispetto a quello che si vede ne Il gladiatore.
Ne parlate in termini sportivi. Oggi sarebbero campioni di pugilato?
Luca Fezzi: “Sì o molto più similmente di arti marziali miste che sono molto più pericolose del pugilato. La violenza è sempre stata un elemento di fascinazione del pubblico. Ma probabilmente torneremo a far combattere i gladiatori, solo che saranno robot. Come quelli prodotti da Elon Musk.
E le belve? Le scimmie assassine? Gli squali che vediamo ne Il gladiatore 2?
Marco Rocco:“C’eranole venationes, gli spettacoli di caccia, che offrivano al pubblico una gamma di animali molto ampi. Sappiamo anche di esibizioni di animali marini molto esotici come il vitello di mare (corrispondente allo squalo smeriglio, ndr). Ma era una specie di zoo o di circo, non erano coinvolti in combattimenti. Di squali poi non abbiamo trovato tracce. Soprattutto di squali utilizzati in una naumachia. Questo proprio no”.
Luca Fezzi: “Commodo era noto per parteciparvi. Gli animali comunque o sono vittime dei cacciatori oppure uccidono i condannati a morte. E poi solo certi tipi di animali si prestano. Come gli elefanti, le pantere, le tigri, i leoni.”
Perché nasce e prospera un fenomeno come quello dei gladiatori?
Marco Rocco: “Nasce con i riti funebri, per soddisfare la sete di sangue dei defunti. Per placare i Mani. Prosperano però per altre ragioni. In primo luogo politiche. I giochi servivano agli organizzatori per aumentare il loro prestigio e ricevere riconoscimento pubblico. Se si trattava di uomini politici poi, questi avevano un ritorno altissimo. Nel caso degli imperatori, servivano a tenere a bada le plebi di città come Roma che facevano un milione di abitanti. C’era poi un aspetto pedagogico più legato al dominio della comunità, ordinata e regolata da leggi, rispetto al caos della barbarie, della criminalità o di una natura selvaggia che appare incontrollabile. Questo aspetto riguarda più però le esecuzioni che i giochi. Il condannato a morte in fondo chi è? È colui che si è messo al di fuori della legge della comunità. E la comunità stessa sente di essere arbitra del suo destino e ne ricava soddisfazione. Il leone o la parente o il rinoceronte, che magari c’era anche se non veniva cavalcato, appartengono a una natura selvaggia su cui Roma impone il proprio dominio. L’impero romano fece estinguere alcune specie di animali a forza di utilizzarli nelle arene. I cristiani esecravano quei giochi perché il pubblico si sentiva arbitro della vita sostituendosi all’unico giudice che è Dio.
Sappiamo, e il vostro libro lo conferma, che alcuni gladiatori raggiunsero uno status importante in vita e anche dopo. Ma nessuno divenne leggendario quanto Spartaco.
Luca Fezzi : “La storiografia si divide in due correnti, quella di cultura greca, plutarchiana, che apprezza il coraggio dell’individuo che osa ribellarsi a Roma; e una corrente più vicina a Tito Livio, che invece disprezza proprio il fatto che si trattasse di un ribelle. Spartaco è passato alla storia per avere innescato una rivolta tra gli schiavi della campagna, gli iloti. Erano quelli che stavano peggio, più disponibili alla rivolta. Spartaco è una figura abbastanza misteriosa che è diventata mito a partire dall’illuminismo quando si è iniziato a ragionare sul fenomeno della schiavitù. Ma lo è diventato in quanto schiavo ribelle non come gladiatore. Lo stesso fa Marx che lo loda in una lettera ad Engels. Delle sue gesta gladiatorie non sappiamo praticamente nulla. Immaginiamo fosse un cavaliere, un trace. È il cinema che ha saputo rendere spettacolare il fatto che fosse un gladiatore. Penso al film di Vidali, in cui Spartaco addirittura sconfigge Crasso e sposa la figlia entrando a Roma trionfante. Penso allo Spartaco di Freda in cui non si sente ancora l’idea della lotta per la liberazione partigiana, mentre in quello di Kubrick il focus sono le problematiche sociali e razziali.”
Quando finisce il fenomeno dei gladiatori?
Marco Rocco: “Non lo sappiamo con certezza. Abbiamo una data di inizio, il 264 a.C., all’inizio delle guerre puniche ma non conosciamo una data di fine. Sappiamo che con la crisi economica del terzo secolo i giochi iniziano a conoscere una battuta d’arresto nell’Oriente dell’Impero dove non si riprenderanno più. In Gallia invece avremo un ritorno di fiamma mentre rimarranno sempre in auge a Roma e in Italia. A livello popolare la partecipazione avrebbe continuato ad essere molto ampia anche di fedeli cristiani. Al contrario le èlite, religiose e non, li disprezzavano, Dal quarto secolo iniziamo ad avere editti imperiali che limitavano i giochi senza però fermarli. A un certo punto a Roma erano concentrati nei dieci giorni che precedevano i saturnali a dicembre. Negli anni 30 e 40 del quinto secolo, pochi decenni prima della caduta dell’impero, iniziano ad assottigliarsi fino a sparire. Resteranno in vita invece le venationes, anche tra i barbari.
Lo andrete a vedere Il gladiatore 2?
Luca Fezzi: “Assolutamente. Abbiamo già preso il biglietto. Nonostante alcune imperdonabili inesattezze sono film importanti che solleticano la curiosità degli spettatori, spingendo magari alcuni di loro ad andare a informarsi, studiare, fare i raffronti.”