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Girls on Wire
Girls on Wire inizia con una ragazza prigioniera. La giovane è costretta in una cella angusta, ferocemente maltrattata, ma riesce a ribellarsi al carceriere e tenta la fuga; quando l’aguzzino la raggiunge scatta una colluttazione e lei lo uccide. Ora Tian Tian è libera, questo il nome, e corre via alla ricerca di qualcosa. Sembra la classica ragazza che scappa da un orco, quella nel nuovo film di Vivian Qu, in concorso a Berlino 75: invece la realtà è diversa e solo dopo scopriremo il vero motivo dello scenario. Tian Tian si mescola alla folla di Pechino, sporca e lisa, in cerca di una persona precisa: Fang Di, l’amata cugina che considera sorella, con cui è cresciuta insieme tra molte difficoltà, la principale un padre tossico e travolto dai debiti, tanto da mettere l’intera famiglia nelle mani degli strozzini.
Tian Tian trova Fang Di, sul set del film che sta girando, un wuxia pian, perché intanto la cugina è diventata una stuntwoman. E qui Vivian Qu regala una sequenza spettacolare, memorabile, in cui la controfigura deve eseguire una mossa di wuxia che dal fiume la porta nell’aria; viene ripetutamente immersa nelle gelide acque, perché il regista non è mai contento, in una ripetizione potenzialmente infinita mentre la ragazza comincia a tremare, scossa dai brividi. Dentro c’è tutta la fatica logorante del set, dei suoi lavoratori più umili, lontani dal divismo, e insieme viene inscenata la tradizione del genere, svelandone la natura reiterata e sfiancante, citando perfino Zhang Yimou in logica oppositiva (come a dire: non siamo mica Zhang Yimou…). Tutto ciò serve per cesellare la figura di Fang Di, una giovane che deve portare a casa la giornata ad ogni costo, dato si è sobbarcata l’ingente debito della famiglia, ormai ostaggio della malavita locale che crudelmente la taglieggia.
Le due cugine ritrovano però il legame d’infanzia: un cordone di ferro dove una, Tian Tian, per nascita è l’anello debole, segnata dal “cattivo padre”, è quella condannata alla dannazione, mentre Fang Di è colei che lotta e alza la testa, facendo ora la stunt per provare a diventare attrice domani. Girls on Wire diventa allora il racconto di due giovani donne nella Cina di oggi, diverse ma intime, profondamente intrecciate da un rapporto atavico: due ragazze costrette a lottare come già suggerisce il titolo, un doppiosenso, perché c’è il filo che mantiene la stunt nell’aria, come se volasse, e c’è il filo sottile metaforico a cui entrambe sono appese, col rischio perenne di cadere. E due attrici, Liu Haocun e Wen Qi, in evidente chimica tra loro, facili da amare.
Il racconto si sviluppa in altalena temporale tra passato e presente. L’alternanza di generi passa dal dramma al sentimentale al thriller. Vediamo così l’infanzia e la fanciullezza delle cugine-sorelle, l’una che protegge l’altra poiché la maggiore, la famiglia che va in pezzi e si affida ai criminali. Ma quanto si può davvero prendersi cura dell’altra, in questo Stato cinese sordo e indifferente, dove è difficile essere donne e prosperano i traffici più loschi? Possibile proteggere tutta la vita? Purtroppo no, come mostra l’avvitamento nella seconda parte in cui Tian Tian, incinta, si fa ancora più vulnerabile e l’intrigo criminale viene a riscuotere. Il concorso berlinese ha offerto opportunamente le due facce della Cina: la vita dei contadini negli anni Novanta in Living the Land di Huo Meng e la parabola oscura di due ragazze nella società attuale.
Il passato e il presente. Vivan Qu inscena storie di donne, dal bellissimo esordio Trap Street nella Settimana della Critica al successivo Angels wear white, e le intreccia alla contemporaneità del Paese, guardando nell’abisso, scrutando nel lato oscuro. Qui compone anche un omaggio metacinematografico al lavoro sul set, costruendo una rima tra la precarietà del mestiere di stuntman e l’oscillazione esistenziale di chi è in debito. L’unico antidoto? Il patto di solidarietà femminile. Per questo, seppure tragico, il finale torna sentimentale e mostra le cugine-sorelle che si vedono per la prima volta, una bambina e una neonata, e amabilmente si prendono la mano.