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Giorgio Diritti a Venezia 80 con Lubo - Foto Karen Di Paola
(Cinematografo.it/Adnkronos) – "Malgrado i progressi, gli errori ritornano nella Storia umana. Ecco perché c'è la necessità di essere sempre vigili nei confronti delle minacce alla vita, ai diritti, alla giustizia alla pace". E' il messaggio che il regista Giorgio Diritti affida a Lubo, sesto e ultimo film italiano presentato in concorso a Venezia 80.
E' ispirato al romanzo Il seminatore di Mario Cavatore, la cui lettura, ha spiegato Diritti, "mi ha svelato vicende poco conosciute accadute in Svizzera per cinquanta anni, portandomi a riflettere sul senso di giustizia, sulle istituzioni, sul senso dell'educare e dell'amare".
Ne è nato un film (lungo 181 minuti) da cui emerge "quanto principi folli e leggi discriminatorie generino un male che si espande come una macchia d'olio nel tempo, penetrando nelle vite degli uomini, modificandone i percorsi, i valori, generando dolore, rabbia, violenza, ambiguità ma anche un amore per la vita e per i propri figli che vuole sopravvivere a tutto e riportare giustizia".
Al centro del film c'è il protagonista del titolo (interpretato da Franz Rogowski, già in Freaks Out e Disco Boy), un artista di strada nomade che nel 1939, dopo essere stato chiamato nelle fila dell'esercito svizzero a difendere i confini nazionali dal rischio di un'invasione tedesca, scopre che sua moglie è morta nel tentativo di impedire ai gendarmi di portare via i loro tre figli piccoli. In quanto Jenisch, sono stati strappati alla famiglia, secondo il programma di rieducazione nazionale svizzero per i bambini di strada, mirante ad estirpare la cultura Jenisch. Per Lubo è l'inizio di un'odissea: sa che non avrà più pace fino a quando non potrà ritrovare i suoi figli e ottenuto giustizia per la sua storia e per quella di tutti i diversi come lui.
Giorgio Diritti torna così a raccontare i soprusi e le ferite della Storia, come fu per uno dei suoi titoli più noti e apprezzati, L'uomo che verrà (2009).
Il romanzo Il seminatore di Mario Cavatore, ha raccontato il regista, "mi ha colpito perché racconta una storia accaduta in Svizzera, un paese che nell'immaginario collettivo è sinonimo di libertà e democrazia. Talvolta, si dice, che un film nasce dall'urgenza di fare; in questo caso è nato dalla necessità di raccontare una vicenda storica pressoché ignota perché possa da essere da insegnamenti per non ripetere gli stessi errori".
"Questa vicenda - ha sottolineato Diritti - è lo specchio delle persecuzioni che hanno segnato la storia umana, che non riesce a valorizzare le diversità ma, anzi, ne ha paura".
Il regista ha spiegato di aver sentito "un senso di responsabilità per raccontare storie che siano utili al mondo, nella speranza che certi errori non accadano più. Rispetto al romanzo io punto molto sul protagonista Lubo per mettere in luce le sue contraddizioni di uomo che vive l'angoscia della solitudine e della disperazione e che al tempo stesso vuole però tornare ad avere una speranza".
Giorgio Diritti ha spiegato che intende i film come "viaggi onirici che toccano anche la nostra coscienza per ripensare al valore della vita, al valore degli altri. Un buon film è qualcosa che resta con noi e ci accompagnerà nella vita, questo è quello che vorrei lasciare in eredità".
Con Lubo, ha concluso Giorgio Diritti, "ho avvertito la necessità di dare anche un segnale politico: non nel senso istituzionale, ma di raccontare una storia per aiutare a riflettere e avere un comportamento vigile nei confronti delle minacce che ritornano periodicamente nella Storia. Mi piacerebbe che anche un film possa contribuire a far sì che il mondo sia un posto migliore. Questo lo sento come un impegno del mio lavoro".
Nel cast figurano anche Christophe Sermet, Valentina Bellè, Noemi Besedes, Cecilia Steiner e Joel Basman. Lubo sarà nelle sale italiane dal 9 novembre con 01 distribution.