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Everything Everywhere All at Once
Ma può un titolo come Everything Everywhere All At Once vincere (a)gli Oscar? Può una maionese algoritmicamente impazzita e impiattata for dummies quale absurdist comedy-drama film portare a casa anche solo la metà delle undici statuette potenziali che gli vengono accreditate? Dove andremo a finire, signora mia. Si rischia di bissare lo scandalo dell’anno scorso, che non è lo schiaffo di Will Smith a Chris Rock bensì quello di CODA miglior film al pubblico tutto.
Film, regia e gli interpreti Michelle Yeoh, Jamie Lee Curtis, Stephanie Hsu e Ke Huy Quan in cinquina agli Academy Awards di domenica notte, EEAAO avoca a sé il multiverso, forte della variante asiatica rivendica l’eccezione alla regola bianca, anglosassone e pretenziosa degli altri candidati, si fa uno e bino con i Daniels dietro la macchina da presa, Daniel Kwan e Daniel Scheinert, e – fondamentale – eleva a potenza la A24, che distribuisce.
Battezzato al South by Southwest (SXSW), il festival texano fa meglio di Cannes e Venezia e la A24 di più blasonati studios e streamers: dovremmo forse gioirne?
Budget di 25 milioni di dollari e incasso di 107 (da noi con due release non è arrivato a un milione di euro…), 335 premi già messi in bacheca, è piccolo, identitario, eccentrico a tavolino, stralunato col goniometro: davvero il cinema mondiale può ripartire da qui?
Che poi la supercazzola triste di cui è latore, è laconicamente evidente:
Quando Jobu versione pietra dice "every new discovery is just a reminder…” e Evelyn versione pietra completa: “we're all small and stupid” più che uno scambio di battute pare una confessione. @fpontiggia1