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Alberto Sordi in Detenuto in attesa di giudizio
*sceneggiatore di Detenuto in attesa di giudizio
Nel 1969 lavoravo a Roma ai programmi culturali televisivi della Rai. Mi fu affidata un’inchiesta sulle carceri in Italia. Non credevo alle mie orecchie. Nella mappa degli argomenti italiani di quegli anni, il penitenziario appariva con il classico: hic sunt leones. Un vero tabù. Mi recai da Guido Gonnella, allora ministro di Grazia e Giustizia. Mi accolse con molto garbo. Dopo un colloquio di quarto d’ora mi aprì le porte dell’universo carcerario italiano.
L’inchiesta in tre puntate, dal titolo Dentro il carcere, fu trasmessa nel gennaio 19970 dalla seconda rete (oggi Raidue). Poco dopo l’editore De Donato pubblicò un mio libro, Inchiesta sulle carceri. La trasmissione e il libro suscitarono un tale vespaio che ritenni opportuno rendermi irreperibile, rifugiandomi a Nesso, sul lago di Como.
Qui mi raggiunse la telefonata di Alberto Sordi. Ignoro come mi abbia scoperto. Voleva fare un film sulle carceri in Italia. Ero sbigottito. Cosa ne avrebbe fatto Sordi? Dalla tragedia alla farsa? Lui attore comico per antonomasia mutato in tragico? Il dubbio mi rimase dopo un incontro a casa di Vittorio De Sica, dapprima candidato alla regia, e dopo i cento pomeriggi passati da Sergio Amidei a scrivere la sceneggiatura con Dante Troisi. Non ho mai incontrato Sordi. Per vedere il film, ho dovuto attendere l’anteprima di Detenuto in attesa di giudizio. Il dubbio si è sciolto.
È un Sordi tragicomico come i veri grandi attori. Capace di rovesciare come un guanto lo stereotipo dell’italiano furbastro, becero, mammone. Qui è l’altro italiano, onesto, laborioso, rispettoso delle leggi, che si ritrova preso improvvisamente dagli ingranaggi della giustizia e stritolato. È l’italiano vittima delle procedure, delle prepotenze, delle leggi applicate con ottuso rigore. È l’italiano suddito coartato nella sua crisalide incapace di uscire farfalla-cittadino.
Cito Morando Morandini: “Sordi si mette al servizio della storia e dei suoi intenti come non ha fatto spesso nella sua lunga carriera. Nato dalla paura Detenuto in attesa di giudizio è un film che mette paura. Anche oggi”.
Articolo pubblicato sulla Rivista del Cinematografo di aprile 2003