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Everything Everywhere All At Once
Oscar, where art thou? Se il momento più toccante – bella Gina Lollobrigida a tutto schermo – della 95esima edizione è stato l’In Memoriam, con Lenny Kravitz al piano, non è forse stato dell’arte in purezza?
Jimmy Kimmel sui gomiti, eppure sobrio, gli acceptance speech permeabili all’imbarazzo, le dita wurstelate del poro David Byrne, Brendan Fraser a rivoltare nella bara il poro Melville, Michelle Yeoh prima asiatica (e prima asiatica con Jean Todt nel talamo) migliore protagonista, troppi “mia moglie”, troppi “i miei figli”, troppo, Yeoh, “mia madre”, EO meritoriamente a secco, EEAAO demeritoriamente a bagno, di folla.
Non ce ne frega niente, col box office patrio che oscilla tra il – 40% e il – 50% rispetto al 2019?
Ci sta.
Nondimeno, trionfa non il migliore blockbuster – Top Gun: Maverick deve accontentarsi del sonoro, Avatar: The Way of Water degli effetti speciali, so sad - né il migliore film d’essai, ma Everything Everywhere All At Once, algoritmicamente eretto a divertissement sul multiverso, commercialmente assurto a 107 milioni di dollari al box office a fronte dei 25 di budget, e ora per la terza volta – nelle prime due volte non ha raggiunto il milione – nelle sale italiane.
Aveva messo in bacheca 355 riconoscimenti prima della Notte degli Oscar, tra cui condizione necessaria e pressoché sufficiente per conquistare gli Oscar le Gilde di registi, produttori, sceneggiatori e - quattro su cinque – attori, e faceva incetta sin dal titolo: Everything Everywhere All at Once. Così è stato: 7 su 11, le statuette messe in bacheca. Record negli ultimi anni, tristezza corrente.
Regia premiata dei Daniels, Daniel Kwan e Daniel Scheinert, nel cast Michelle Yeoh, Jamie Lee Curtis (premiata, che scommessa m’è saltata…), Stephanie Hsu e Ke Huy Quan (premiato), EEAAO s’è fatto bello della variante asiatica sul piano identitario, rivendicando con un colpo al multiverso e l’altro al nerd-verso l’eccezione alla regola bianca, anglosassone e sopra tutto antibellica (Ucraina) – come spiegare la vittoria di Navalny tra i doc e il mini-exploit di Niente di nuovo sul fronte occidentale - dei concorrenti.
Una guerra, quella stravinta dal miglior film EEAAO, di supercazzole, prematurate come fosse Oscar.
PS: Quando Titanic trionfò con undici statuette nel 1998, oltre 55 milioni si piazzarono di fronte al piccolo schermo, l’anno scorso per CODA furono 16,6 milioni, una miseria eppure in aumento del 58% sui dieci milioni e mezzo del 2021. Quest’anno? Scommettiamo che… assai meno.
PS2: L’Italia non vince con il truccatore Aldo Signoretti di Elvis né con Alice Rohrwacher per il corto Le pupille. Ma si consola con Everything Everywhere All at Once, prodotto dall’autostradale – cercate… – A24.