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Caracas
“Questo film è inspiegabile come la vita. Così come non è possibile spiegare perché un uomo e una donna si innamorano o per quale motivo un vecchio scrittore si avvicina a una persona così lontana da lui”. A dirlo è Marco D’Amore che torna dietro la macchina da presa, dopo L’immortale (2019), spin-off della serie Gomorra, con un nuovo film, tratto dall’opera letteraria Napoli Ferrovia (2007) di Ermanno Rea. Il titolo, quello del film (non quello del libro), ovvero Caracas, è fuorviante perché in realtà la storia si svolge interamente nella città partenopea. Dunque siamo a Napoli e lì vi torna un anziano scrittore napoletano (Toni Servillo) dopo molti anni. Incontrerà Caracas (Marco D’Amore), un uomo che milita nell’estrema destra e che sta per convertirsi all’Islam e anche la sua innamorata Yasmina (Lina Camélia Lumbroso).
Già precedentemente era stato adattato per il grande schermo un altro romanzo di Ermanno Rea, s’intitolava Nostalgia (2022), e i diritti del libro erano sempre stati comprati da Picomedia e Mad Entertainment. Lì il protagonista era interpretato da Pierfrancesco Favino, questa volta il personaggio principale ha invece il volto di Toni Servillo. “Si sono invertiti i ruoli: Marco D’Amore è cresciuto nella mia compagnia teatrale e ora è lui a dirigermi- dice l’attore-. Questo è un film che affronta argomenti complessi e sono contento di essere stato accanto a un giovane attore che negli ultimi anni ha conquistato una grande popolarità. Ho adorato il romanzo di Rea e questo personaggio, una vecchia cariatide comunista che decide di tornare nella città natale. Quando vi torna si trova nel pieno di una crisi esistenziale e professionale. Proprio in questo suo momento di crisi incontra Caracas e tra i due nasce un’amicizia paradossale perché sono persone molto distanti. Alla fine lo spettatore si interroga se veramente lui ha incontrato questo personaggio o se è un demone che stava dentro di lui”.
Lina Camélia Lumbroso, qui nel ruolo di una donna un po’ araba e un po’ napoletana, dice: “Marco D’Amore è il mio mentore. Questo film mi ha permesso di ricreare un rapporto con quelle che sono le mie origini tunisine. A casa mia si parlava in francese, ma io spesso mi recavo in Tunisia e ho anche preso lezioni di arabo. Questo film mi ha fatto venire voglia di continuare a lavorare in Italia”.
Scritto dallo stesso Marco D’Amore insieme Francesco Ghiaccio (“questo romanzo è una sorta di dramma esistenziale e abbiamo cercato di tenere vivo questo spirito”, dice il co-sceneggiatore), il film uscirà nelle sale il 29 febbraio con Vision.
Nel cast anche Marco Foschi, Brian Parisi e Andrea Nicolini. Ma la protagonista assoluta del film è la città di Napoli, una Napoli piuttosto inusuale. “Ho chiesto al direttore della fotografia Stefano Meloni di far fermare la città- dice Marco D’Amore-. Napoli qui è abbastanza irriconoscibile. Come riferimento gli ho dato un po’ Gotham City e un po’ Sin City. È una città bagnata, di muffa, non solare, che manifesta i luoghi bui dell’anima. È più un luogo della coscienza, un approdo emotivo che geografico. Ho voluto raccontare gli umori della città e il suo spirito magico e al tempo stesso crudele”.
E Toni Servillo: “Il nostro mestiere è governato da una sorta di tumulto continuo. Avere la possibilità di fare più ruoli nello stesso momento è una fortuna. Napoli è una città che non finisce di sorprendermi. In questa circostanza la macchina da presa entra nel mondo dell’estrema destra e della comunità islamica napoletana”.
Infine conclude Marco D’Amore: “Qui è molto presente il tema del precipizio e della caduta. Cadere significa rischiare di rompersi l’osso del collo, ma è anche un momento pieno di adrenalina. Noi facciamo questo mestiere rischiando di sfracellarci. Spero che questa caduta ci faccia arrivare a terra tutti salvi. Nella vita mi spaventa chi ha troppe certezze e risposte. Io nutro profondi dubbi e nell’incertezza c’è il desiderio di comprendere l’altro”.