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Hors-saison - Credit Michael Crotto
“Nei film precedenti non avevo mai usato lo spazio come qualcosa di diverso dal luogo in cui si svolge la scena. Questa volta ho osato e ho avuto meno paura di fare qualcosa di nuovo. Gli ambienti, l’alternarsi tra interni ed esterni, sono tutte cose che ho sfruttato per sottolineare lo spazio psichico dei personaggi, per esempio facendoli realmente perdere per raccontare la sensazione di sentirsi persi nella vita".
Stéphane Brizé torna in concorso a Venezia con Hors-saison, film interpretato da Guillaume Canet e Alba Rohrwacher: Mathieu vive a Parigi, Alice in una piccola località di mare nella Francia occidentale. Lui è un famoso attore in procinto di compiere cinquant’anni, lei un’insegnante di piano sulla quarantina. Innamorati quindici anni fa, successivamente separati. Il tempo è passato. Ciascuno ha preso la propria strada e le ferite si sono lentamente rimarginate. Quando Mathieu va in una spa per cercare di superare la malinconia che lo attanaglia, si imbatte nuovamente in Alice.
“Ho subito sentito che la storia mi apparteneva, già dalla prima lettura della sceneggiatura", dice Alba Rohrwacher, che aggiunge: "Temevo che il mio francese potesse essere un limite ma già dalla prima giornata di lavoro ho capito che potevo mettere da parte le mie paure, perché le mani di Brizé potevano reggermi. Nel mio lavoro ci si affida e si dona qualcosa, e quando ci si rende conto che quanto dato verrà ben conservato, questo ha del miracoloso: sul set c'è stato un processo creativo di totale armonia e io mi sono persa totalmente nel racconto. L’audacia del regista ha avuto la forza di mettermi in pericolo emotivamente ed io sono stata al gioco con grande fiducia”.
Brizé torna poi all'idea di base del film: "L'esperienza di isolamento causata dal Covid ha obbligato tutti noi a 'mettere in pausa' le attività. In quanto individui che esistono in gran parte attraverso la propria funzione sociale, probabilmente siamo stati tutti profondamente scossi dalla sconcertante precarietà dell’esistenza. I miei personaggi riflettono quel momento di vertigine. Un uomo e una donna arrivano alla logica conclusione delle decisioni che hanno preso quando si sono separati quindici anni prima. Volevo soffermarmi sul momento in cui si rimugina sulle scelte mai fatte, o fatte in modo sbagliato, sugli incontri mancati o sprecati, sulle porte mai aperte, sugli appuntamenti mancati, sui momenti della vita in cui abbiamo deciso di imboccare una strada invece di un’altra. Domande segrete e ossessionanti che ci poniamo tutti, potenti o meno, conosciuti o sconosciuti, uomini e donne".
Guillaume Canet è al suo primo film con il regista: “Per molti anni ho aspettato di lavorare con Stéphane Brizé, un regista davvero speciale. Prima abbiamo imparato la sceneggiatura e poi ce l'ha fatta dimenticare per interpretare i personaggi sul momento. Il mio personaggio vive un momento particolare della sua vita, ma è circondato da persone che gli chiedono selfie, quindi deve fingere di essere felice. Ha costruito uno scudo nel corso degli anni, ma andando avanti si rende conto che deve smettere di fingere e accettare i suoi dolori interiori. Questo dover fare i conti con i propri dubbi è la cosa che più mi ha affascinato”.