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The Transfiguration
Lascia uno strano sapore in bocca, The Transfiguration di Michael O'Shea, uno stordimento insano. Sarà quel retrogusto pastoso e ferroso che il giovane protagonista, Milo (Eric Ruffin), almeno una volta al mese non può fare a meno di riassaporare. O questo mix di catatonia ed esplosione di violenza che scandisce i passaggi di un brusco ritorno all’horror metropolitano, per mordere un’adolescenza ormai apparentemente esangue e senza futuro.
Per la prima volta alla regia di un lungometraggio (un paio d’anni fa aveva realizzato il corto Milo), O’Shea ci fa fare conoscenza con il suo protagonista dentro ad un bagno pubblico, intento a succhiare sangue dal collo di uno sconosciuto. Per poi svuotargli il portafoglio e, una volta tornato a casa, nascondere il maltolto in una busta “protetta” da un muro di vhs di numerosi film sui vampiri, da Shadow of the Vampire a Dracula Unbound. Manca naturalmente Twilight, perché come lo stesso Milo dirà alla nuova amica/fidanzatina giunta da poco nel palazzo, Sophie (Chloe Levine), unica bianca in un quartiere di neri, “non è per niente accurato”.
Procedendo con andamento sincopato, il film sorprende per la capacità di sguardo con cui il regista riesce a far muovere Milo in una New York che, seppure a colori, ricorda i peggiori incubi ferrariani (The Addiction, tanto per fare un nome), e convince allo stesso tempo il continuo conflitto tra momenti di tenera intimità (tra il ragazzo e la giovane amica) e veri e propri soprassalti di incontrollata violenza (che non risparmia neanche una bambina), contrappuntati da un crescendo di distorsione noise alquanto suggestiva e d’antan.
È però forse troppo convinto di se stesso, O’Shea, quando si tratta di lasciar respirare la narrazione nel suo stato più brado: gli basta farci capire che Milo è rimasto solo (orfano, vive con il fratello maggiore che trascorre le sue giornate sul divano a guardare la tv), senza amici, con Sophie – anche lei con un passato traumatico alle spalle e un presente di disagio – unico vero spiraglio per un avvenire migliore. Che naturalmente non ci sarà. Per scelta suicida dello stesso Milo, cuore di “vampiro”.