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Un film meno horror di quel che sembra perché, fatta eccezione per una scena breve, non realmente attinente alla trama, piazzata strategicamente dopo il primo terzo di film e per un finale, questo sì, horror che rivela l’esperienza del regista con i “colpi di coda” tipici del cortometraggio (formato con il quale ha imparato e sviluppato il mestiere), The Nest – Il Nido potrebbe benissimo non essere ascritto al genere di Shining e L’esorcista.
L’atmosfera è quella giusta ma sembra, volutamente, non spingere mai sull’acceleratore dello spavento, al punto che a un certo punto, mangiata la foglia persino dallo spettatore, non si ha più paura di guardare o vedere qualcosa tra le ombre.
Il punto della storia è tutt’altro: un dramma familiare che prende i lati più psicologici di The Village e The Others, altri due horror “col trabocchetto”, e li sviluppa in una villa inquietante, che rispecchia l’anima oscura di una madre severa (Francesca Cavallin) o di un dottore senza scrupoli (Maurizio Lombardi).
Tra le stanze, i corridoi e il bosco si muovono i due giovani protagonisti (Justin Korovkin e Ginevra Francesconi) che, in controtendenza col resto del film, caratterizzano con la propria presenza i contorni, sfumati, di un tempo e di un luogo. Siamo sulla Terra, ma dove? Esiste la musica classica e la musica rock, ma quando si colloca, esattamente, la storia?
Domande destinate a rimanere insolute, meccanismo narrativo più che lecito, che manca di agganciare, tuttavia, la giusta gravitas alle risposte conseguenti. Il risultato è una pellicola portata avanti dalla curiosità, dal ritmo altamente sincopato e la regia quasi concettuale dà il meglio di sé a fasi alterne, come se aleggiasse sul minutaggio la struttura stessa del corto, ciclicamente e fino alla fine. The Nest è quindi un ibrido, non perfettamente riuscito, sicuramente coraggioso, ma forse già più maturo negli intenti che nell’acerba realizzazione.