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Todd Field’s TÁR will have its world premiere at the Venice International Film Festival. Cate Blanchett stars as Lydia Tár in director Todd Field's TÁR, a Focus Features release. Credit: Florian Hoffmeister / Focus Features
Ritratto di donna non convenzionale. Amore e arte, musica e narcisismo. Tár è stata allieva di Leonard Bernstein, e nel dirigere le orchestre non ha pari. È una celebrità: richiesta ovunque, sempre paparazzata e sulla cresta dell’onda. A interpretarla è una superba Cate Blanchett. Il suo personaggio è profondo, sfaccettato, controcorrente. Blanchett presta il volto a una donna affermata, a volte vittima, a volte carnefice.
Tár ci immerge in un mondo costellato di spartiti e primi violini, esalta le eccentricità, si ispira ai grandi talenti della storia. E si fonda sulla parola. La struttura è formata da una serie di dialoghi, realizzati senza fronzoli, con movimenti di macchina misurati. L’obiettivo è entrare nella psicologia della protagonista: l’essenza del lavoro, della fama, scegliere tra passioni e razionalità, cercare l’equilibrio o inseguire l’estro. Per questo è lo stesso regista Todd Field a rimescolare le carte.
I titoli di coda aprono il film, l’assoluzione è nella prima inquadratura, non nel finale. Le sequenze iniziali sono affascinanti, ma con l’andare dei minuti l’incantesimo si rompe. Le oltre due ore e mezza prendono il sopravvento, la frattura arriva troppo tardi e rimane irrisolta. Tár continua ad agitarsi nei suoi tormenti, ma senza prendere una reale direzione. Alcuni personaggi svaniscono nel nulla, il flusso dei pensieri si fa ripetitivo.
È un peccato, erano sedici anni che si aspettava il ritorno di Field dietro la macchina da presa. Cineasta eclettico, aveva esordito con In the Bedroom, una forte riflessione su colpa e sentimento, con Sissy Spacek. Cinque anni dopo è arrivato il suo titolo più bello: Little Children con Kate Winslet, tragico affresco di una famiglia in crisi.
In Tár sembra non esserci la stessa incisività, la stessa forza. Anche se la Blanchett ruba la scena. Si carica il film sulle spalle, è onnipresente, impara a dirigere un’orchestra per non farsi trovare impreparata. Si conferma una delle migliori, negli sguardi, nella capacità di modulare la voce. Come un vero direttore, prova a dettare la linea, a dominare il suono. Ma purtroppo non tutti gli strumenti la seguono. In concorso alla Mostra di Venezia, già ai blocchi di partenza, è la prima candidata alla Coppa Volpi.