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Sorda
Oltre La famiglia Beliér – e il relativo remake, il fortunato CODA: I segni del cuore – c’è Sorda (Deaf), lungometraggio d’esordio della spagnola Eva Libertad, presentato nella sezione Panorama di Berlino 75. Che sin dal titolo si prende carico della disabilità e non solo la fa vedere ma anche “sentire”. Il tasso di verità più che di realismo è garantito dall’interpretazione di Miriam Garlo, sorella della regista e attrice non udente che al suo personaggio, Ángela, porta in dote l’esperienza personale: quella della maternità, qui raccontata attraverso lo spettro di chi deve fare i conti con un mondo che non sintonizzato sulle onde di chi non sente.
Con leggerezza e serietà, Sorda affronta l’ansia di due genitori (il compagno della protagonista è udente) che non sanno ancora se la bambina in arrivo ci sentirà o meno. È un travaglio emotiva che anticipa quella fisiologico e che si prolunga anche dopo il parto, poiché per capire il destino della neonata bisogna aspettare qualche mese. Così l’avventura della gravidanza procede di pari passo con quella di una coppia alle prese con una società che non è su misura di tutti.
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Sorda
Sorda germoglia dal cortometraggio omonimo, con l’obiettivo di abbracciare con maggiore intensità la condizione di Ángela – e, va da sé, di Garlo – e studiare la complessità del rapporto tra udenti e non udenti, sospeso tra adesione emotiva, involontario pietismo e sottovalutazione del disagio. Libertad si incarica della sfida e scandaglia il mistero individuando nel silenzio stesso un rumore di fondo che crea straniamento e dolore, trovando nel “coro” che si muove attorno ad Ángela la chiave d’accesso a una bolla altrimenti inscalfibile.
Ed è il rapporto tra Gallo e Libertad a contribuire a un disegno dei comprimari così preciso, dall’empatico partner (Álvaro Cervantes) ai genitori, costruendo uno spaccato familiare che non ha la pretesa di dare voce a una comunità ma di restituire un’esperienza particolare nonché personale, senza ricorrere ai cliché del sordo funzionale alla storia e alla retorica della privazione come ricchezza.
In questo senso Sorda è un film accessibile e caldo, davvero comprensibile a ogni latitudine, che sbroglia la matassa senza enfatizzare il dramma, arrivando infine a un epilogo dilaniante e non privo di angoscia perché in ascolto dell’alienante panorama sonoro della protagonista.