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Marcel the Shell
Marcel è una conchiglia antropomorfa alta poco più di due centimetri, ha un grande occhio collocato nella sua parte aperta e un paio di scarpe con le quali può camminare. Vive, insieme all’anziana nonna dedita all’agricoltura e alla cura degli insetti, in una grande casa convertita in Airbnb dopo la separazione di Mark e Larissa, la coppia che vi abitava. In seguito alla rottura, nonna e nipote sono stati traumaticamente strappati dai membri della loro comunità, spariti dopo un violento litigio che ha portato Mark ad abbandonare la casa.
Dean è un regista di documentari (è lo stesso Fleischer-Camp, creatore del format insieme a Jenny Slate, che doppia il piccolo mollusco), si sta separando dalla moglie e, in attesa di una sistemazione, alloggia nell’Airbnb. Quando si imbatte in Marcel, decide di riprenderne il quotidiano (come sopravvive una minuscola conchiglia in uno spazio così grande?) e pubblicare i video su YouTube. Grazie alle sue qualità (straordinarietà della situazione, tenerezza nei modi, purezza d’animo), Marcel diventa una star del web e, allora, chiede a Dean di aiutarlo nella ricerca della sua comunità: il suo appello in live streaming fa rumore.
È un’immagine abusata, d’accordo, ma quella di Marcel the Shell (che in originale comprende pure with Shoes On) è davvero una storia che scalda il cuore. Non sorprende che stia raccogliendo, oltre al plauso della critica, anche premi (miglior film d’animazione secondo National Board of Review e Saturn Award, i riconoscimenti delle associazioni dei critici di New York e Washington D.C.) e nomination (Golden Globe, Indie Spirit, Critics Choice e soprattutto Oscar), al di là di qualche dubbio sui criteri che definiscono tale un film d’animazione: secondo l’Academy lo è principalmente perché l’animazione figura in non meno del 75% della durata complessiva.
Tecnicismi a parte, è difficile restare indifferenti a Marcel the Shell, anche al netto di presunti ammiccamenti e apparenti furbizie che sovrintendono l’intera operazione. Un po’ per il suo fascino indie (per densità dell’immagine, movimenti di macchina, tono intimo ricorda i lavori di Spike Jonze per l’allure surreale, Wes Anderson per l’hipsteria di fondo, Noah Baumbach per il mumblecore), un po’ per la simpatia dell’outsider (benché a distribuire sia la ora dominante A24) e un po’ perché, con empatia e delicatezza, sa trasmettere quei messaggi universali che, come dimostra la recente tradizione dei film Pixar, sanno rispondere alle aspettative dei grandi e dei piccoli.
All’origine del film c’è una serie di cortometraggi realizzati da Fleischer-Camp e Slate tra il 2010 e il 2014, che a oggi hanno totalizzato oltre 48 milioni di visualizzazioni su YouTube. Seguendo le regole del mockumentary, quel repertorio di video diventa parte integrante di un racconto di fantasia narrato attraverso lo stile e il linguaggio dei documentari.
Sul piano teorico è ancora più affascinante: l’autore si fa protagonista, interagisce con la sua creazione in un piano sospeso tra l’impressione del reale e l’impalcatura scripted, sfrutta le suggestioni dell’autofiction (lo spaesamento a causa di un matrimonio alla deriva), porta un pupazzo irreale dentro il sistema mediatico reale (non solo YouTube ma anche la televisione: la nonna di Marcel è una fan di Lesley Stahl, la giornalista più rappresentativa del programma televisivo 60 Minutes).
Ovviamente non si tratta solo di un discorso teorico, perché la forza reale di Marcel the Shell sta nella capacità di collocare un personaggio così irresistibile all’interno di una narrazione centrata negli obiettivi, polifonica per il potenziale ricettivo, emozionante per l’equilibrio tra disincanto e calore.
Entusiasta nell’approccio e disarmante perché stana le nostre contraddizioni tecnologiche (il like che serve alla propria immagine pubblica e non per sostenere qualcuno), Marcel dà voce a desideri e paure che riguardano i bambini come gli adulti, alla necessità di affrancarsi dalle ansie per lanciare il cuore oltre l’ostacolo, ad avere fiducia nell’avventura della speranza.
E racconta, attraverso azioni semplici e perciò grandiose, il senso di appartenenza a una comunità (il bisogno di ritrovarsi per rigenerarsi), la saggezza che deriva dall’esperienza (i mille stratagemmi pensati da Marcel per sopravvivere in casa, gli insegnamenti della nonna), la consapevolezza che prendersi cura del prossimo significa prendersi cura di se stessi (il commovente rapporto con la nonna, doppiata da Isabella Rossellini). D’accordo, le scaltrezze si intravedono, ma Marcel the Shell non è mai gratuito né ricattatorio: mica poco.