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Se il doc di Domiziana De Fulvio, Sisterhood, raccontava la storia di alcune donne a Beirut, a Roma e a New York, accomunate dalla passione per la pallacanestro, uno sport considerato solo per uomini. Le sista (in gergo, nella cultura nera, significa sorella) di questo film, o meglio Las Leonas (in spagnolo: leonesse, perché la maggior parte di loro sono sudamericane) sono accomunate dal calcio, ancora di più considerato qualcosa legato esclusivamente all’universo maschile.
Prodotto da Nanni Moretti (Sacher Film) e presentato alle Giornate degli autori Notti veneziane, in anteprima dall’8 settembre a Roma, Milano e Torino e dal 15 settembre al cinema distribuito da Academy Two il film diretto da Isabel Achàval e Chiara Bondì racconta la storia di queste “leonesse” del calcio e della vita, emigrate in Italia che si ritrovano a giocare insieme sul campo di calcio Vis Aurelia a Roma.
Melisa che in Perù ha dovuto lasciare i suoi due figli, la peruviana Bea arrivata in Italia con il sogno di diventare “come Maradona”, l’ecuadoriana Elvira con una dura storia familiare alle spalle, ma anche Siham, Vania e Ana sono tutte calciatrici latinoamericane, nonché capoverdiane, marocchine, moldave, cinesi, italiane. Badanti, domestiche, tate che vengono riprese nelle case dove lavorano, nel corso della loro vita familiare e durante il campionato di calcio, quando il campo diventa un luogo di aggregazione e un momento di libertà e di riscatto sociale.
Malgrado le difficoltà (spesso il loro dolore emerge durante le interviste dietro gli sguardi fieri o gli occhi ridenti e affiora nei momenti di pausa e di silenzio, come dice una di loro: “sono come un pagliaccio, rido per non piangere”), queste donne affrontano la vita con ottimismo e con coraggio e continuano a sognare correndo dietro una palla sul campo e cercando di dimenticare la fatica di ogni giorno e la solitudine di vivere in un paese straniero lontano dai propri familiari.