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Dal produttore James Gunn, eclettico regista dei primi due Guardiani della Galassia, del futuro terzo capitolo e del prossimo Suicide Squad, arriva un’originale variazione sul tema supereroi. Brightburn, infatti, è un horror che racconta una versione cattiva di Superman, ovviamente, per meglio spaventare, ancora in età fanciullesca.
I bambini inquietanti, d’altronde, rappresentano una colonna portante dei film dell’orrore, e Brightburn ci si appoggia senza perdere tempo. Tuttavia, quasi subito, si riscontra un ripetuto uso del jumpscare meramente sonoro che, oltre a diventare prevedibile, diseduca lo spettatore allo spavento vero, frutto di un colpo di scena che è anche svolta narrativa.
Brandon Breyer è un preadolescente che scopre di essere, nel migliore dei casi, “diverso” dagli altri, “speciale”. Il suo legame con i genitori, di conseguenza, oltre che quello con la società, cambierà radicalmente. Sembra di rivedere, ed è chiaramente una citazione voluta (pedissequa, in qualche frangente, anche nell’accompagnamento musicale), il Man of Steel di Zack Snyder.
La differenza, però, è che Brightburn è anche un horror e, in quanto tale, ha l’obbligo di spaventare. L’idea iniziale di mettere in scena l’anti-Superman, esplorata peraltro anche nei fumetti dal celebre Superman: Red Son, si rivela più ostica di quanto immaginato. Le necessità di genere, il ritmo zoppicante, persino il registro non si sposa bene con l’approfondimento del tema del diverso.
In generale, il rapporto del ragazzo con i familiari è estremamente approssimativo, affrettandosi con motivazioni forzate verso la destinazione finale, un conflitto prima edipico e poi superomistico pieno di azione ma, parimenti, povero di paura.
È un peccato, perché sia il genere horror che il cinema dei supereroi avrebbero bisogno di una ventata di originalità rinfrescante e questo film, pur sommariamente godibile, fallisce nel suo ammirevole obiettivo. Obiettivo che, ad esempio, il Looper di Rian Johnson (Gli Ultimi Jedi) non si era posto, in cui incappa e al quale, con serendipità, arriva molto più vicino.