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Il survival movie è un filone che non conosce né crisi né età. Sono storie di uomini al limite, piegati dalle intemperie, all’apparenza senza via di scampo. In alcuni casi la finzione incontra la realtà. Il 13 ottobre del 1972 un aereo con a bordo una squadra di rugby precipita sulle Ande. Stavano volando dall’Uruguay al Cile. Per settimane rimangono bloccati tra i ghiacci, sopravvivendo cibandosi delle vittime che hanno con loro. L’accadimento è entrato nell’immaginario. Ha ispirato nel 1976 I sopravvissuti delle Ande di René Cardona e nel 1993 il fortunato Alive – Sopravvissuti di Frank Marshall.
Oggi per Netflix ci pensa il regista spagnolo Juan Antonio Bayona a raccontare la tragedia in La sociedad de la nieve, film di chiusura dell’ultima edizione della Mostra del Cinema di Venezia. Il cineasta si era già concentrato sul rapporto apocalittico tra uomo e natura in The Impossible, sullo tsunami del 2004. Questa volta Bayona costruisce un film sui corpi: dilaniati, martoriati, sono il focus di ogni inquadratura. Il dilemma etico è straziante, il cannibalismo è frutto di un percorso, è l’ultima fermata di un viaggio verso l’inferno.
La sociedad de la nieve punta sullo spettacolo, sull’epica, anche attraverso le musiche di Michael Giacchino. A volte eccede, diventa enfatico, ma sempre con una tenuta espressiva sincera.Una voce fuori campo accompagna le diverse fasi della tragedia, e aiuta a raggiungere una dimensione più intimista, vicina al flusso di coscienza. Ma ciò che fa riflettere è il fallimento delle istituzioni, rappresentato dall’incapacità dei soccorsi di portare a buon fine il loro compito. Chi rimane deve salvarsi da solo. Forse è questo il messaggio più forte che rende attuale La sociedad de la nieve, in un contemporaneo sempre connesso, che non si stacca mai dagli eventi ma è dominato da un senso di solitudine che varca i decenni.
Si torna a Sette minuti dopo la mezzanotte, sempre di Bayona, in cui il protagonista non sapeva a chi rivolgersi, trovando sollievo nel legame con un albero dalle sembianze umane. Qui non ci sono elementi di fantasia, ma si percepisce quel tipo di isolamento. L’unica possibilità è creare un universo parallelo, una società a parte in grado di gestire un nuovo ordine: La sociedad de la nieve, appunto.
Le regole si riscrivono, l’unico obiettivo è il bene comune, l’amicizia, l’unione che rafforza. L’individualismo, ormai il mantra dei nostri anni specialmente sul grande schermo, crolla sotto il peso della tragedia. Bayona non ha realizzato “solo” un film su un disastro, su una pagina nerissima di cronaca. Forse l’obiettivo era di indagare sulla forza dei legami, ragionare sul modo di aiutarsi l’un l’altro che fatica a realizzarsi. Nella disperazione ad alta quota, sotto le valanghe, a rinascere è proprio l’essere umano.