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Kontinental '25
Che si tratti di un film realizzato in tempi stretti, rapido e addirittura estemporaneo, lo si capisce anche da certi dettagli di poco conto, come la locandina di We Live in Time affissa in un bar che annuncia l’uscita in sala ad ottobre 2024. Parlare di sciatteria è improprio, ancorché tutto va letto all’interno della poetica di Radu Jude, ma proprio in quella scena al bar (inquadratura fissa con lungo faccia a faccia, praticamente la cifra di buona parte del film) c’è una messa a fuoco piuttosto incerta.
È chiaro: Jude ne è perfettamente consapevole (e ci mancherebbe), che sia voluto o no quel momento resta così, vuoi per l’agilità dello schema complessivo (budget irrisorio, una decina di giorni di lavoro, un iPhone 15 come attrezzatura, riprese in luoghi pubblichi, sessioni di dialoghi senza tagli) e vuoi per qualcosa di più politico e godardiano, una sorta di estetica da guerrilla urbana
che ha a che fare con l’immortalare quell’istante che tale più non sarà (c’è una specie di asse con l’incessante attività di Hong Sang-soo).Nuova sortita di Jude realizzata insieme all’imminente Dracula Park, Kontinental ’25 segna il ritorno del regista in Concorso a Berlino dopo l’Orso d’Oro conquistato nell’edizione pandemica del 2021 con Sesso sfortunato o follie porno. Con un titolo che cita Europa ’51 di Roberto Rossellini (il manifesto è in bella mostra nello stesso bar di cui sopra), Jude segue un’ufficiale giudiziario travolta dai sensi di colpa per il suicidio di un senzatetto che aveva dovuto sfrattare dalla cantina occupata abusivamente.
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Kontinental '25
La scintilla arriva da una vecchia notizia di cronaca, che Jude sviluppa nei mesi della campagna elettorale rumena (c’è la propaganda di Ilie Bolojan che sormonta simbolicamente un palazzo) per approfondire le sempre più forti disuguaglianze sociali che trovano nel dramma immobiliare uno dei sintomi più acuti. Il parallelismo con Rossellini è un punto di partenza per ragionare sul relativismo morale e sul malessere sociale, con la commistione di generi che si rivela subito una delle chiave interpretative: il crime è solo uno strumento, il suicidio dell’“ultimo” per eccellenza non può che essere un delitto di Stato e la “carnefice” non è altro che l’utile idiota del potere costituito.
Kontinental ’25 è un altro pezzo del discorso di Jude sullo stato dell’Europa nell’epoca dei rigurgiti nazionalisti: una riflessione su un mondo in disfacimento (il decadente parco con i dinosauri meccanici, i grigi palazzi della periferia, i simulacri del passato sotto forma di statue o murales), una commedia grottesca che mette in scena le parole e in cui qualsiasi argomento contribuisce al quadro generale (perfino una cripto-recensione di Perfect Days), un piccolo aggiornamento di un autore che “deve filmare per avere le prove”.