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Su un racconto di Stephen King, ecco John Cusack e Samuel L. Jackson condividere il set. Il trio non è nuovo ai patiti dell’horror in quanto già con l’ottimo 1408 (2007) autore e interpreti hanno saputo dar vita a una storia terrificante e vivida. Ma questa volta non ci sono stanze d’albergo infestate a fungere da location nel drammatico immaginario tipicamente zombesco diretto da Tod Williams, quanto lande desolate e scenari apocalittici. Ai quali ultimamente siamo abituati, vero, ma Stephen King con Cell apporta allo zombie movie un elemento originale e terrificante: se il sottogenere giustifica la sua genesi come denuncia alla scienza, al consumismo, all’abusivismo, all’inquinamento ambientale e al colonialismo, ecco King presentare quale causa dell’epidemia mondiale, per l’occasione definita ‘impulso’, la dipendenza da cellulare. La forte accusa contro il mezzo di comunicazione viene sferrata sin dai primi minuti per poi trovare l’apice sul finale in un crescendo terrificante nel corso del quale, nell’arco dei suoi 98’, Cell denuncia l’alienazione della quale ormai la società è vittima trasformando i ‘telepazzi’ (così vengono definiti i nuovi zombie) in bestie da branco dipendenti e comandate da messaggi virtuali. Un grido di protesta lanciato dal maestro del terrore contro la multimedialità della quale siamo ormai schiavi.
Non mancano rimandi al già citato 1408, oltre che per il cast principale, per il dramma personale vissuto dal protagonista, scappato da una relazione difficile, proprio come nel film diretto da Mikael Håfström, e ora in preda ai sensi di colpa e disposto a tutto pur di ritrovare la sua famiglia. Ma chiaramente non è 1408 il solo riferimento. Ecco infatti palesarsi rimandi ai principali zombie movie dell’ultimo decennio: World War Z, l’immancabile The Walking Dead e persino il cult Shaun of the Dead. Il duplice finale, volutamente destabilizzante, viene preannunciato nel corso del film: l’artista Clay Riddell, disegnatore di un fumetto a tema zombie e creatore inconsapevole del personaggio mostruoso (il Signore di Internet) che sembra dominare sull’Apocalisse nella quale assieme ai poveri malcapitati si ritrova a vagare, spiega ai suoi compagni di avventura che non è previsto un finale nel suo storytelling. Ulteriore rimando a Robert Kirkman e alla sua serie tv.
Se quindi per un attimo il lieto fine sembra preannunciare i titoli di coda, aspettate a riporre fiducia in questo finale. Persino la citazione a Nightmare non manca, con la presentazione di alcuni personaggi che trovano nell’insonnia la soluzione all’impulso. Un continuo navigare tra pellicole recenti e passate, autocitazioni e tributi, ma ricorrendo a una chiave interpretativa originale e gradevole. Davvero ben riuscita. Cell fa davvero paura perché parla di noi.