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Un fotogramma di Canone effimero (2025)
Dividi et impera? Non proprio. Dividi e tramanda. Così va meglio. A cinque anni dal loro ultimo lavoro, Spaccapietre (2020), i gemelli De Serio tornano dietro la macchina da presa per firmare un documentario completamente calato nelle loro corde, mirato a riscoprire e reinterpretare la ricchezza delle identità locali trasformandole in una narrazione collettiva che trascende i confini del tempo e dello spazio.
Si comincia con il racconto della costruzione di una zampogna e ci si immerge, subito dopo, in un on the road musicale etnologico attraverso territori inesplorati. La cinepresa corre lungo un’Italia fatta di innumerevoli piccole tradizioni, spesso tramandate solo oralmente. Undici tappe, undici capitoli, undici finestre dove altrettante usanze legate alla musica, trasmesse di generazione in generazione e sopravvissute fino a oggi, vengono catturate dalle cineprese dei registi per essere riscoperte. Così, si viaggia in lungo e in largo attraverso lo stivale, in ascolto di sonorità, tradizioni, versi, nenie, dando forma a una sacca di resistenza basata su un lavoro artigianale andato quasi perduto.
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Un fotogramma di Canone effimero (2025)
I quadri composti dai De Serio (che utilizzano un formato 1:1 proprio per rimarcare maggiormente questo concetto e porre al centro dell’attenzione gli oggetti ripresi come fossero sotto una lente d’ingrandimento capace di scandagliare ogni singola sfumatura) trovano continuamente nuovi modi per combinare paesaggi e abitanti in un unico abbraccio. Con stile pacato e contemplativo, Canone effimero è un’ode alle tradizioni, soprattutto al passaggio di testimone basato sulla pratica, l’ascolto, l’apprendimento e l’abilità tecnica derivata dell’imitazione.
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Gianluca e Massimiliano De Serio
Lavorando sulla forza delle immagini e sull’assenza di mediazione generata da uno sguardo il più possibile radicale, i due registi firmano un’elegia audiovisiva che lavora sulla dilatazione e sulla contemplazione. Il punto di vista dei De Serio è limpido e inappuntabile e la loro messa in scena ha un grandissimo rigore sia etico che estetico, capace di evitare derive ricattatorie o retoriche. Il cinema diventa quindi uno strumento per indagare e restituire la memoria collettiva e l’identità sradicata. La forma visiva si intreccia con i racconti orali e le tradizioni locali, trasformando usanze e luoghi, spesso marginali, in tessuti narrativi ricchi di significato.
Attraverso un approccio che valorizza le piccole realtà, Canone effimero dà voce a storie spesso invisibili , creando un tessuto di controculture che sfida il nostalgico campanilismo che si compiace delle proprie località ma che, al contrario, intreccia gradualmente le diverse tradizioni in una rete di possibili e, mai come oggi, anacronistiche controculture.