PHOTO
65enne, vedova e critica musicale in pensione, Clara (Sonia Braga) è cresciuta in un’agiata famiglia di Recife, Brasile. E’ l’ultima condomina di un originale complesso residenziale costruito negli anni ’40 e prospiciente il mare, affacciato su Avenida Boa Viagem: tutti i rimanenti appartamenti sono stati acquistati da una società di palazzinari intesi a radere al suolo l’area per costruire ex novo. Eppure, Clara non cede, non vuole vendere: la lotta per Aquarius, questo il nome del palazzo, darà nuovo vigore alla sua esistenza e, insieme, la farà riflettere sulla sua famiglia e il suo essere al mondo tra passato, presente e futuro.
In Concorso a Cannes 69, è Aquarius, opera seconda del giornalista divenuto cineasta brasiliano Kleber Mendonça Filho, ed è un ottimo film, capace attraverso la storia di resistenza di Clara di illuminare il Brasile oggi, senza tralasciarne, anzi, le tante ombre. Due ore e mezza, che complici la splendida colonna sonora passano senza noia, per tagliare una tranche de vie genuina e saporita, servita da uno splendido personaggio femminile: una donna come Clara, indomita e sensibile, fiera e combattiva, assertiva e affettiva, non puoi non ammirarla, di più, non amarla.
Pregio del film, Clara non viene santificata, semplicemente seguita nella sua quotidianità fatta di opposizione agli speculatori edili, ma soprattutto di condivisione, amicizia e musica: riceve i tre figli a casa e li rimprovera per aver tentato di bypassarla con i costruttori; visita i parenti; esce con le amiche a ballare; usa un gigolò; nuota e trascorre del tempo con il guardaspiaggia; ha avuto il cancro – al seno, che gli è stato asportato 30 anni prima – e ora se deve scegliere preferisce lo abbiano latri, e indovinate chi.
Sonia Braga prenota la Palma, con un’interpretazione totalizzante, anima e corpo, il film ha un peso specifico da romanzo ottocentesco, coniugato al nostro presente imperfetto: vivo, pulsante e resistente, in questo Aquarius nuota la realtà, suona la voglia di vivere appieno. Gioie, dolori, tutto appieno: finché morte non ci separi da quella che chiamiamo casa, quella che sappiamo vita. La nostra vita, la vita di Clara.