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Allo Spazio FEdS a Venezia 79 è il giorno di Famiglia Cristiana, settimanale di riferimento per la società italiana che quest’anno festeggia il suo novantesimo anniversario. E per questo compleanno così importante è arrivato Roberto Cicutto, presidente della Biennale di Venezia che proprio in questo 2022 celebra anche lei il suo novantesimo anno di attività.
Coincidenza che lo tocca personalmente: “Ero un giovane produttore, con Ermanno Olmi vincemmo il Leone d’Oro alla Mostra di Venezia con La leggenda del santo bevitore. E Famiglia Cristiana ci dedicò una copertina”. E per testimoniare il rapporto tra la rivista, il cinema e la Mostra, il settimanale ha consegnato un premio speciale a Krzysztof Zanussi, la cui opera rappresenta un punto d’incontro tra tutte queste dimensioni.
Zanussi, infatti, non è solo “un maestro che porta avanti i valori dell’umanità più profonda, proponendo un cinema che interroga le questioni spirituali”, come spiega Eugenio Arcidiacono (vicecaposervizio attualità e spettacoli di Famiglia Cristiana), ma anche un regista che ha legato la propria storia alla Biennale: Zanussi, infatti, ha vinto il Leone d’Oro nel 1984 con L’anno del sole quieto, il film che l’ha consacrato definitivamente a livello internazionale. “Tra noi una lunga frequentazione e una grande amicizia – rivela Cicutto – e, anche se non ci incontriamo spesso, ogni volta abbiamo la sensazione di esserci visti il giorno prima”.
È Stefano Stimamiglio, il direttore di Famiglia Cristiana, a spiegare il senso del premio: “In occasione di questo compleanno, abbiamo voluto celebrare un maestro che, come la nostra rivista, ha accompagnato le persone nella riflessione e nella ricerca spirituale”.
Stefano Stimamiglio (foto di Stefano Micozzi)Una storia lunga, quella della testata cattolica: “Nasciamo nell’ambito della San Paolo, per volontà del beato Giacomo Alberione – sintetizza Stimamiglio – che vedeva nei mezzi di comunicazione una possibilità di evangelizzazione. Nel 1938 parte l’apostolato cinematografico con la San Paolo Film: Abuna Messias vince il premio per miglior film alla Mostra di Venezia nel 1938. Nel dopoguerra produce quello che è passato alla storia come il primo film per ragazzi del cinema italiano e il primo film nazionale a colori, a dimostrazione di quanto la San Paolo abbia colto tutte le novità con l’obiettivo di evangelizzare, anticipando le proposte del Concilio Vaticano II. Una grande forza? La rete di agenzie territoriali per la distribuzione, ma anche aver prodotto film di grandi autori come Rossellini e Godard e poter vantare oggi un grande archivio con moltissimi materiali di quelle opere”.
E così la presenza di Zanussi – che l’Ente dello Spettacolo ha onorato nel 2003 con il Premio Bresson – assume un valore ancora più significativo, proprio perché la sua filmografia rappresenta una testimonianza autentica e intensa del difficile cammino alla ricerca del significato spirituale della nostra vita. Ma c’è ancora spazio per questo tipo di cinema? “Alle persone – riflette Zanussi – non basterà solo l’intrattenimento. Nei tempi duri possiamo illuderci che la vita non abbia peso, ma abbiamo sempre bisogno di cercare ordine nella nostra esistenza. C’è un ritorno alla drammaticità, prima il Covid e ora la guerra ci dicono che la vita è messa alla prova”. Ha sentito l’amico Nikita Michalkov, schierato dalla parte di Putin? “Sa benissimo che non vale la pena chiamarmi, non siamo d’accordo”.
E sul presente più in generale dice: “Il cristianesimo deve misurarsi con l’audiovisivo e la sua rivoluzione: come accadde con la stampa, grazie alla quale la tradizione giudeo cristiana ha cambiato forma di espressione trovando una nuova diffusione, oggi accade qualcosa di simile. Non basta la ragione, anche l’intuizione mistica aiuta ad avvicinarsi al senso della vita. E tra scienza e fede non può esserci un rapporto conflittuale”.
Krzysztof Zanussi (foto di Stefano Micozzi)Oltre ad aver vinto il Leone d’Oro, Zanussi è stato presidente della giuria di Venezia nel 1985. “Avventura bellissima – ricorda – con due compagni come il critico Lino Micciché, molto rigido e autoritario, e il grande Eugène Ionesco, un po’ anarchico e con una personalità molto forte. Lino voleva che vedessimo tutti i film dall’inizio alla fine come da regolamento, Ionesco si finse malato di fronte ai 410 minuti di un film di Manoel de Oliveira”.
Sul rapporto con Giovanni Paolo II: “L’ho conosciuto quando ero studente e lui vescovo. Mi hanno offerto di girare la sua biografia, Da un paese lontano: sarebbe stato stupido rifiutare. Era l’occasione per far conoscere la Polonia e i suoi cambiamenti al resto del mondo. Ancora oggi porto l’etichetta di ‘regista del papa’, anche se ho fatto tanti film”. Tra questi, Il potere del male con Vittorio Gassman, di cui oggi ricorre il centesimo anniversario della nascita: “Un assoluto professionista, facemmo un film in francese e lui girò le sue scene in cinque giorni lavorando venti ore al giorno. Appassionato del suo dovere, una grande disciplina”. E sul futuro: “Spero di farvi vedere presto il mio nuovo film, Il numero perfetto. Mi entusiasma raccontare storie, riflettere sul mistero della nostra esistenza”.