"E' limitativo dire che è un film sul caso Braibanti: questo film è una grandissima storia d'amore tra un uomo e un ragazzo, molto autobiografica".

Così Gianni Amelio ha definito la sua nuova opera, Il signore delle formiche, in Concorso a Venezia 79 (nelle sale dall'8 settembre con 01 distribution) con Luigi Lo Cascio, Elio Germano, Leonardo Maltese e Sara Serraiocco.

Gianni Amelio sul set con Luigi Lo Cascio - Foto Claudio Iannone

"Ci sono in me delle fragilità umane che io ho rivissuto con questo film - ha aggiunto Amelio durante la conferenza stampa al Lido -. E' come se durante le riprese avessi vissuto una storia d'amore tormentata. Ed ho scoperto le stesse fragilità di Aldo Braibanti: questo ha giovato al film ma non a me come persona. Penso di aver dato il massimo come regista. Braibanti si è innamorato, mi sono innamorato anch'io. Non mi è andata male come a Braibanti, non sono andato in carcere come lui ma sono chiuso in un mio carcere personale".

Alla fine degli anni Sessanta si celebrò a Roma un processo che fece scalpore. Lo scrittore drammaturgo e poeta Aldo Braibanti (1922-2014) fu condannano a nove anni di reclusione con l'accusa di plagio, cioè di aver sottomesso alla sua volontà, in senso fisico e psicologico, un suo studente e amico da poco maggiorenne. Il ragazzo, per volere della famiglia, venne rinchiuso in un ospedale psichiatrico e sottoposto a una serie di devastanti elettroshock, perché 'guarisse' da quell'influsso 'diabolico'. Alcuni anni dopo, il reato di plagio venne cancellato dal codice penale: un reato che in realtà fino ad allora era servito per mettere sotto accusa i 'diversi' di ogni genere, i fuorilegge della norma.

Il signore delle formiche
Il signore delle formiche
Il signore delle formiche
Il signore delle formiche - Foto Claudio Iannone

"Ogni amore, ogni passione è un plagio, perché è qualcosa che ti porta a essere altro. E questa cosa viene definita reato in quel tribunale. Oggi viviamo in un mondo dove se fai scelte per passione te la vivi malissimo, sia economicamente sia dal punto di visto sociale. Perché è tutto fondato sulla competizione e se non sei in regola vieni discriminato perché non corrispondi agli standard", dice Elio Germano, che nel film interpreta il personaggio "inventato" di un giornalista deciso a raccontare la storia di quel processo.

Elio Germano in Il signore delle formiche - Foto Claudio Iannone

"La cosa che mi ha colpito in modo feroce è che non conoscessi Braibanti. Facevo teatro, il mio primo film l’ho fatto a 32 anni, il cinema per me era irraggiungibile come forma d’arte. Nonostante provenga dal teatro e conoscessi un po’ l’avanguardia il fatto di non conoscere Braibanti mi è dispiaciuto molto. La cosa più illuminante, ispirante, è l'aver letto che Carmelo Bene lo indicasse come suo maestro nel recitare i versi", racconta Luigi Lo Cascio, che aggiunge: "Il film inizia e finisce con delle poesie, che è un modo per conoscere il mondo. La poesia non serve per esprimerci ma è qualcosa in cui il linguaggio trova la chiave per andare all’essenza delle cose. Questo è stato decisivo per capire che tipo di artista sia stato Braibanti".

Prendendo spunto da fatti realmente accaduti, il film - il titolo Il signore delle formiche nasce da alcuni documenti da cui emerge l'interesse di Braibanti per gli insetti imenotteri - racconta una storia a più voci, in cui, accanto all'imputato, prendono corpo i familiari e gli amici, gli accusatori e i sostenitori, e un’opinione pubblica per lo più distratta o indifferente. Solo un giornalista s’impegna a ricostruire la verità, affrontando sospetti e censure.

"Il film è centrato su Aldo Braibanti e sulle persone che vengono a contatto con lui. Ho cambiato i nomi della famiglia Brera perché non volevo farne un fatto personale. Non posso tacere il nome di Braibanti ma il nome della famiglia di quel ragazzo l’ho voluto cancellare dallo schermo proprio perché volevo parlare di una famiglia tipica, con quella tipica mentalità", spiega il regista, che aggiunge: "Certe parole sono state dette a me, quando avevo 16 anni, e nel film le faccio ripetere ad un personaggio in calabrese, perché io sono calabrese: 'L’omosessuale ha due scelte, o si cura o si ammazza'. La madre cerca di 'guarirlo', è una persona che vive all’interno di quella società che considera l’omosessuale un malato".

Leonardo Maltese è Ettore - Foto Claudio Iannone

Gianni Amelio ha poi confessato i tormenti intimi che ha rivissuto girando il film su questa storia di omosessualità, che lo hanno portato a sentimenti contrastanti sul piano personale e su quello professionale.

"Sono felice per questo film, forse è il più bello che io abbia fatto; questo film lo amo alla follia - ha affermato il regista - Il film avrà il suo percorso e io darò tutto me stesso, lo seguirò dappertutto, fino all'ultima sala parrocchiale. Ma io non sono felice. Non sono felice per niente, neanche oggi. Capita di essere felice, io non lo sono. Io sono disperato".

Nel film Amelio ha voluto rendere anche omaggio "alla battaglia forte dei radicali a favore di Braibanti e per la società italiana e il partito radicale ha fatto cancellare nel 1981 il famigerato reato di plagio".

Per questo durante una manifestazione davanti al tribunale si vede per qualche secondo un'immagine di Emma Bonino: "Anche se lei nel 1968 non militava nei radicali, mi è sembrato più degno far vedere Emma Bonino oggi che un sosia di Marco Pannella di ieri".

Ma la conferenza stampa del film è iniziata in modo abbastanza burrascoso: "Il titolo del tuo articolo era infame e io non rispondo alle tue domande. Non voglio avere più rapporti con te per il resto della mia vita. Ho cancellato anche il tuo numero di telefono".

 

Questa la risposta di Gianni Amelio al critico e giornalista Fabio Ferzetti che aveva posto al regista la prima domanda.

Amelio ha espresso pubblicamente il suo risentimento per l'articolo a firma di Ferzetti apparso sul settimanale "L'Espresso" il 14 gennaio 2020 dal titolo "Hammamet, un grande Pierfrancesco Favino per un piccolo film", che recava nel sottotitolo "Superba la prova dell'attore che interpreta Bettino Craxi. Ma il resto lascia a desiderare".

Ferzetti - raggiunto dall'Adnkronos - ha fatto presente che la frase del titolo "non era contenuta" nel testo dell'articolo e si è lamentato che nessun giornalista durante la conferenza stampa abbia espresso solidarietà nei suoi confronti prendendo le distanze dall'attacco del regista, che peraltro non ha più risposto alla sua prima domanda.

In un successivo incontro con i giornalisti, Amelio è tornato sull'episodio: "Nella conferenza stampa di stamattina è successo un incidente: sono stato sorpreso in modo anche emotivo perché è stata la prima domanda che mi è arrivata appena mi sono seduto, da un critico cinematografico che non ha usato rispetto in occasione di un altro film. È scattato in me un fatto personale. Ho un passato rispettabile, un cinema importante, fatto con passione. Mi sono sentito ferito", ha detto.

Gianni Amelio sul set - Foto Claudio Iannone

"Succede quasi sempre che con i critici e i giornalisti ci si possa parlare direttamente, si litiga e poi si riprende un rapporto - ha continuato Amelio -. In questo caso non c'è stata possibilità, il punto dolente era un orribile titolo di cui il giornalista e il critico non è mai responsabile. Se tu non condividi il titolo, puoi scrivere un messaggino oppure dire alla persona che il titolo è infelice. Penso che per civiltà di rapporti anche un piccolo messaggio avrebbe potuto risolvere la cosa. Poi è ovvio che nella recensione poteva scrivere quello che voleva, ci mancherebbe".

Infine il regista ha espresso anche il suo pensiero sull'attuale momento politico che sta attraversando il paese: "Imbarazzante e inquietante è il momento che stiamo vivendo. Nessuno di noi si aspettava una campagna elettorale così precipitosa. È un qualcosa che oggi ti colpisce e domani puoi dimenticare. Voterò sicuramente, ma non so per chi. Deciderò all’ultimo momento mentre le altre volte avevo le idee molto chiare. La storia si ripete ma mai in maniera uguale. Questa campagna elettorale è davvero imbarazzante. Ci sono altre forme invisibili di coercizione, qualcuno ha detto ci sono le unioni civili dovete accontentarvi. La mancanza di amore e di empatia è pericolosa. Penso ad esempio alla signora in centro a Milano che pochi giorni fa ha chiamato la polizia per denunciare due ragazzi che si baciavano per strada...".