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Forever Young - Les Amandiers - Valeria Bruni Tedeschi sul set con Nadia Tereszkiewicz e Sofiane Bennacer
“Fare film è un pretesto per stare con le persone che amo: mia madre, mia figlia e anche il mio ex Louis Garrel. Sul set mi deve per forza vedere. È costretto”.
A dirlo è Valeria Bruni Tedeschi alla presentazione del suo settimo film da regista: Forever Young - Les amandiers, in sala dall’1 dicembre con Lucky Red.
L’attrice/regista scherza, ma in verità è addolorata e il suo primo pensiero in conferenza stampa va proprio a una delle persone che ama, ovvero il suo attuale compagno, l’attore francese Sofiane Bennacer, protagonista del film, visto che questa mattina sul quotidiano Libération è uscita la notizia che è indagato per stupro e per violenza.
“Sono stata io stessa vittima di abusi durante la mia infanzia e conosco il dolore di non essere stata presa sul serio. Ciò non mi impedisce tuttavia di essere sbalordita, leggendo il quotidiano Libération, di vedere il trattamento riservato a un giovane uomo oggetto di un’indagine penale in corso, senza alcun rispetto per le persone che stanno lavorando su questa indagine, né per il principio di presunzione di innocenza. Sono rimasta artisticamente impressionata da Sofiane Bennacer sin dal primo secondo del casting del mio film e ho fortemente voluto che fosse l’attore principale nonostante le voci che circolavano, di cui ero a conoscenza”, dice l’attrice, che subito dopo aver letto l’intera dichiarazione (che pubblichiamo integralmente alla fine dell’articolo, ndr) da lei appena rilasciata all’agenzia France Press ha voluto parlare del film con serenità.
In concorso allo scorso Festival di Cannes, Les amandiers si svolge in Francia nel 1986 e racconta la storia di un gruppo di ragazzi nel pieno della propria esplosiva giovinezza entrati nella prestigiosa scuola teatrale Les amandiers creata da Patrice Chéreau (Louis Garrel) e Pierre Romans (Micha Lescot). Lanciati a piena velocità nelle proprie passioni, vivranno insieme l’entusiasmo, le paure, gli amori, ma anche le loro prime grandi tragedie.
“Questo è un lavoro che ho fatto con le mie co-sceneggiatrici, Noémie Lvovsky e Agnès De Sacy, partendo da un materiale autobiografico. Lo abbiamo elaborato e ci siamo poi divertite nel pianeta dell’immaginazione: mettendo in ordine il caos della realtà e facendone della finzione”, racconta. E poi: “È stato un mio amico, Thierry De Peretti, a darmi l’idea per il film. Questa scuola è stata per me un capitolo fondamentale, sia nel lavoro che nella vita. Le persone che ho incontrato e le esperienze che ho vissuto lì hanno lasciato un’impronta profonda su di me che permane ancora oggi”. E sui suoi maestri: “Non erano maestri erano registi e non era una scuola convenzionale come il conservatorio. Era una scuola dove ci hanno dato il gusto di cancellare la frontiera tra la vita e la scena e di non mettere un muro, ma di deambulare tra l’una e l’altra, di non recitare, ma di essere. Piano piano ho anche imparato a proteggermi, perché questa frontiera cancellata ci metteva un po’ in pericolo”.
In generale cosa le ha lasciato questa scuola? “Dopo la scuola ho imparato e capito, grazie al metodo Strasberg, come proteggere il mio strumento. Gli attori sono come un pianoforte: per suonarlo bene si deve aprire. Noi attori restiamo aperti nelle nostre stranezze, dolori e così via. Questo però è un problema per la società, basata purtroppo sull’ipocrisia, quindi ho imparato a modulare il mio strumento. Da Chéreau ho imparato che più lavoro e meglio è. Lui era uno che lavorava tantissimo”.
Divisa tra la carriera da attrice (ora è impegnata sul set di un adattamento televisivo diretto da Valeria Golino e tratto dal capolavoro di Goliarda Sapienza, L’arte della gioia) e quella da regista, tra le due Valeria Bruni Tedeschi preferisce stare dietro la macchina da presa: “Amo il mio lavoro di attrice, ma ormai per me è un po’ come andare in vacanza. Anche quando interpreto dei ruoli dolorosi. Preferisco fare dei film e osservare gli altri. Mi fa sentire più gioiosa. Anche se fare film è una grande responsabilità, mi piace passare da un ruolo di bambina-attrice che viene diretta a uno di adulta che dirige. E poi il cinema mi permette di convocare anche i morti. Tra questi c’è anche Bernardo Bertolucci, una persona che è stata decisiva per il mio lavoro”.
Ma l’arte può salvare la vita? “Io penso di sì. Voglio restare fino alla mia morte ottimista anche oggi che è una giornata molto difficile, con questo linciaggio mediatico che sporca la comunicazione intorno al film. Il nostro lavoro di artisti è un modo per resistere alla stupidità”, conclude.
La dichiarazione integrale di Valeria Bruni Tedeschi a proposito delle accuse di stupro e violenza nei confronti di Sofiane Bennacer:
"Oggi è la giornata contro la violenza sulle donne. Tengo ad esprimere, innanzitutto, il mio grande rispetto per la libertà di parola delle donne e il mio profondo attaccamento al fatto che possano essere ascoltate. Sono stata io stessa vittima di abusi durante la mia infanzia e conosco il dolore di non essere stata presa sul serio.
Ho dei figli ed è fondamentale per me, più di ogni altra cosa, che vivano in una società che li ascolti e li protegga.
Ciò non mi impedisce, tuttavia, di essere sbalordita, leggendo il quotidiano Libération di oggi, di vedere il trattamento riservato a un giovane uomo oggetto di un'indagine penale in corso, senza alcun rispetto per le persone che stanno lavorando su questa indagine, né per il principio di presunzione di innocenza.
Sono rimasta artisticamente impressionata da Sofiane Bennacer sin dal primo secondo del casting del mio film e ho fortemente voluto che ne fosse l'attore principale nonostante le voci che circolavano, di cui ero a conoscenza.
I miei produttori hanno espresso timori e riserve, ma gli ho comunicato che queste voci non dovevano mettere in discussione questa scelta e che era impensabile per me fare il film senza di lui.
Mi hanno dato fiducia, nel rispetto che dimostrano per le scelte artistiche delle loro registe e dei loro registi. Li ringrazio e mi assumo la piena responsabilità della mia scelta.
Successivamente, abbiamo saputo che era stata presentata una denuncia.
Le riprese erano allora iniziate, e cambiare attore avrebbe creato ostacoli giuridici insuperabili.
Per quel che mi riguarda, avevo avuto modo di conoscere Sofiane Bennacer da diversi mesi sul lavoro, in particolare durante il lungo periodo delle prove, ed ero completamente sicura delle sue qualità umane: quando filmi qualcuno, "vedi" chi hai di fronte a te.
Questa mattina, sono indignata nel vedere che un giornale come Libération possa calpestare a tal punto il principio della presunzione di innocenza, ostentare vergognosamente questa vicenda, e mettere in prima pagina la foto di un giovane uomo con del sangue sulle mani.
Ad oggi, è chiaro a tutti che non è stato ancora giudicato, e questa scelta editoriale non è secondo me altro che un puro linciaggio mediatico, ben lontano dalla volontà di informare in modo obiettivo e imparziale.
Aggiungerei che decine e decine di persone si sono dedicate con passione e impegno totale al film, e che questo approccio è profondamente irrispettoso di tutto il loro meraviglioso lavoro.
Non devo esprimermi sulla mia vita privata, ma visto che sono tenuta a renderne conto, voglio dire che abbiamo effettivamente una relazione amorosa, ma q
uesto rapporto è iniziato molto dopo la fine delle riprese, ed è basato innanzitutto su un’amicizia profonda.Ora, non vorrei più parlare di questo, parliamo del film”.