Nei meandri dell'infinita, caotica offerta delle numerose piattaforme che popolano ormai le nostre abitudini, capita a volte di imbattersi in qualcosa capace di strutturarsi come vero e proprio "franchise", allontanandosi però dai crismi della serialità di finzione a cui siamo ormai esposti da tempo. Su Netflix, ormai da tre stagioni, la docuserie UNTOLD porta a galla i retroscena più impensabili che si nascondono dietro alcune epiche avventure del vasto e folle mondo dello sport.

Gli ultimi due episodi arrivati in ordine di tempo, Johnny Football e Lo scandalo doping nella Bay Arena, sono incentrati rispettivamente sull’ascesa e la caduta rovinosa del quarterback Johnny Manziel e su Victor Conte, che nei primi anni 2000 diventò il punto di riferimento numero uno per gli atleti in cerca di steroidi: qui ci concentriamo invece sull'episodio arrivato il 1° agosto in piattaforma, ovvero quello incentrato sulla parabola di Jake Paul, ovvero "il bambino problematico".

In poco più di un'ora ci troviamo immersi in un vortice che meglio di qualsiasi altra cosa riesce a raccontare sì le peripezie di questo youtuber diventato pugile professionista ma soprattutto a farci capire come in poco più di un decennio si sia trasformata, evoluta (oddio evoluzione è parola forse troppo grossa, ma tant'è...) la figura dell'influencer e come forse, ancora oggi, non siamo in grado di comprenderne la portata.

I fatti: Jake e suo fratello maggiore Logan trascorrono gli anni della loro preadolescenza in Ohio, sotto lo sguardo severo di un padre che li ama picchiandoli. Finiscono per incanalare la loro energia realizzando piccoli video amatoriali, prima su Vine poi aprendo un canale YouTube. I primi fan sono i compagni di liceo, da lì a poco iniziano a monetizzare. Fino a quando la loro popolarità non diventa planetaria: i due fratelli sfruttano il successo online avviando redditizie attività secondarie, Jake diventa anche attore per Disney Channel. Ma tutta quella fama (e ricchezza) nelle mani di due ragazzini è un'arma troppo difficile da maneggiare: sale la tensione tra i due, che balzano presto agli onori della cronaca. Risultato: Jake viene licenziato da Disney Channel, accusato di violazione di domicilio e anche due volte per molestie sessuali.

Poi, nel 2018, l'inizio di quella che sembrava nulla più che un'altra, ennesima boutade, e che invece si è trasformata in una nuova e incredibile carriera: Jake diventa pugile, prima affronta in un incontro amatoriale un altro youtuber, il britannico AnEsonGib, poi entra nel professionismo e mette al tappeto uno dietro l'altro tutti i suoi avversari, contro l’ex cestista Nate Robinson e gli artisti marziali misti Ben Askren, Tyron Woodley (con il quale ha avuto un rematch) e Anderson Silva. Sette incontri, sette vittorie.

Ma Jake Paul è un vero pugile? Naturalmente per i puristi della boxe no, che lo accusano principalmente di essere nulla più che un promoter capace di affondare colpi più letali con il marketing piuttosto che con i pugni. E che oltretutto finora ha sempre vinto, sì, ma senza mai incontrare un reale pugile professionista: ecco allora che il doc diretto da Andrew Renzi ci accompagna verso l'epilogo di una storia che culminerà con l'incontro più importante della sua carriera, quello che lo vedrà opposto a Tommy Fury, ultimo erede di una celebre dinastia di boxeur: il match si disputa a fine febbraio 2023 in Arabia Saudita e certifica in modo eloquente due cose, a prescindere dalla sconfitta di Paul per decisione "non unanime": la prima è che Jake Paul è un pugile a tutti gli effetti, la seconda - forse ancora più importante - e avallata da un certo Mike Tyson (“Jake non è un villain, ma un antieroe”), è che Jake Paul e il suo team (capeggiato ovviamente dal fratello) sono riusciti in un'impresa solamente cinque anni fa impensabile, ovvero riportare interesse intorno ad un mondo, quello della boxe, che i vari osservatori internazionali ritenevano ormai prossimo all'estinzione.

Mike Tyson in Untold: Jake Paul
Mike Tyson in Untold: Jake Paul

Mike Tyson in Untold: Jake Paul

Ed è questo forse l'aspetto più interessante di questa puntata di Untold, incentrata sì sulla parabola social e sportiva di un "bambino problematico", ma capace di indagare le incredibili potenzialità dei nuovi mezzi di comunicazione, in grado non solo di rendere straricchi due ragazzini che fanno video scemi, ma di risollevare le sorti di uno sport nobile ormai considerato defunto. Il doppio lato di una medaglia tanto inquietante quanto suggestiva.