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La regista Maura Delpero - Foto Gabriele Pallai - Accademia del Cinema Italiano
Nonostante fossero i due frontrunner della 70a edizione con 15 candidature a testa, né Berlinguer. La grande ambizione né Parthenope erano in testa al primo turno elettorale dei David di Donatello. A imporsi subito è stato Vermiglio, come scopriamo dal resoconto dei voti – qui per la candidature e per le vittorie – pubblicato dall’Accademia del Cinema Italiano (che, ancora una volta, merita un plauso per la trasparenza ignota ad altri riconoscimenti).
Per la cinquina del miglior film, Vermiglio ha raccolto subito 442 voti, staccando di molto Berlinguer, secondo classificato con 278, e Parthenope, terzo con 235. Poco sotto, L’arte della gioia con 230 e Il tempo che ci vuole con 215. Molto netto il distacco creato con i film arrivati dopo il quinto posto: Familia (161), Diamanti che alla vigilia sembrava uno dei favoriti (160), Napoli – New York (135), Vittoria (129) e Il ragazzo dai pantaloni rosa (114). Com’è noto, Vermiglio ha confermato la supremazia al secondo turno con qualche voto in meno (435), esattamente cento in più di Berlinguer (335). Da segnalare l’incremento notevole di Il tempo che ci vuole (280) e il pur lieve di L’arte della gioia (239) e il crollo di Parthenope (187, ultimo della cinquina).


Valeria Bruni Tedeschi, Valeria Golino, Tecla Insolia (foto di Karen Di Paola)
(Karen Di Paola)Per la miglior regia, Maura Delpero era già la favorita al primo turno (395) e ha migliorato la performance al secondo (436), così come la seconda classificata Valeria Golino (329 e poi 348). Da uno scrutino all’altro, Francesca Comencini ha guadagnato una posizione (da quarta con 239 a terza con 244), mentre Paolo Sorrentino ha rischiato di essere il fanalino di coda della cinquina: da terzo con 247, è diventato quarto con 236, uno in più di Andrea Segre, che comunque ha fatto meglio rispetto al primo turno (ne aveva presi 209). I dati ci dicono che, nella votazione finale, su Vermiglio, Il tempo che ci vuole e Berlinguer – tutti targati Rai Cinema – siano convogliati i voti dispersi nel primo turno elettorale. A differenza di Parthenope che ha perso terreno.
Il trend negativo di Parthenope si riscontra un po’ ovunque: al voto finale è risultato ultimo classificato nelle categorie di attrice protagonista (Celeste Dalla Porta, 182 voti, due in meno del primo turno), attore protagonista (Silvio Orlando, 191 da 202), sceneggiatura originale e montaggio, costumi, acconciatura, penultimo nella scenografia e nel trucco, terzo nel suono e negli effetti visivi. Solo Daria D’Antonio per la fotografia (seconda classifica con 312) e Luisa Ranieri e Peppe Lanzetta hanno migliorato la prestazione, in due categorie tradizionalmente a forte dispersione nel primo scrutinio: lei è passata da 160 a 254 ma è arrivata quarta, lui da 157 a 286 facendo terzo. Che Sorrentino, grande assente alla cerimonia, avesse sentito qualcosa nell’aria?
Interessante il caso di Gloria!: Margherita Vicario non ha mai avuto rivali nella categoria dell’opera prima (644 voti al primo turno, 543 in finale) e ha consolidato il successo per la canzone originale (inizialmente prima di misura con 206, 24 in più di Thom Yorke per Confidenza, poi vincitrice con 360, 49 in più di Giorgia per Diamanti). Ma ha rimontato alla grande come compositrice con Davide Pavanello, passando da 199 a 356, superando il vincitore del primo turno, Iosonouncane per Berlinguer arrivato infine quarto.


Margherita Vicario (foto di Karen Di Paola)
(Karen Di Paola)In generale, chi era primo è rimasto primo: Vermiglio per la sceneggiatura originale (da 245 a 363) la produzione (da 112 a 478), la fotografia (da 183 a 344), il casting (456), il suono (da 263 a 345), L’arte della gioia per la sceneggiatura non originale (da 315 a 445), Da segnalare la grande rimonta di Le déluge – Gli ultimi giorni di Maria Antonietta, quattro statuette su quattro candidature: vincente dopo essere arrivato quinto al primo turno nelle categorie della scenografia (da 154 a 369) e del trucco (da 180 a 389), ha sorpassato Vermiglio nei costumi (da 225 a 416) e nelle acconciature (da 224 a 537).
Sul fronte delle interpretazioni, senza rivali Elio Germano come Berlinguer (prima 491, 227 in più di Tommaso Ragno per Vermiglio; poi 481, 169 in più di Fabrizio Gifuni nel Tempo che ci vuole), Tecla Insolia per L’arte della gioia (da 336 a 427, con una bella rimonta anche come non protagonista di Familia: da 144 a 311), Valeria Bruni Tedeschi sempre la serie di Golino (da 251 a 393) e Francesco Di Leva per Familia (da 255 a 381). Diamanti ha scontato le troppe attrici in partita: Ranieri e Jasmine Trinca hanno fatto sesta e settima al primo turno, Mara Venier ha mancato la cinquina di 20 voti, Vanessa Scalera di 26.
L’unica sfida al vertice, più o meno, è avvenuta tra i documentari: Lirica Ucraina di Francesca Mannocchi ha battuto 313 a 292 Duse – The Greatest di Sonia Bergamasco, in testa al primo turno con 513.