Traces di Dubravka Turić è in Concorso al XXVII Tertio Millennio Film Fest (14-18 novembre – Cinema Nuovo Olimpia – Via in Lucina, 16, Roma). Il film sarà proiettato mercoledì 15 novembre alle ore 18:00. Per partecipare clicca qui.


Tutti, prima o poi, ci mettiamo alla ricerca di un segno che ci indichi la strada da prendere oppure, quando siamo toccati da un evento drammatico, ne vediamo traccia in qualsiasi cosa facciamo e in qualunque posto andiamo. Ancor prima che la sua vita, è il volto di Ana ad essere segnato e a portare le tracce ben visibili, nonostante le celi con il trucco e prediligendo ambienti poco luminosi, di una malattia autoimmune della pelle che lascia segni di decolorazione. Dopotutto la sua stessa professione, un’antropologa in procinto di pubblicare una ricerca sulle usanze funerarie locali, la conduce a una vita riparata e quasi eremitica, se non fosse per amiche di vecchia data che, però, non aggiungono molto alla sua esistenza ferme come sono a un’immaturità nei discorsi.

A spezzare la solitudine di Ana è la presenza del vecchio padre malato con il quale vive in un vecchio ma enorme appartamento d’epoca in centro a Zagabria. La morte del padre la sprofonderà in un senso profondo di isolamento, stavolta non cercato, che sarà spezzato proprio dai suoi studi sui Mirila ("misurazione"), usanza in cui si prende la misura del defunto usando due pietre, una per la testa e una per i piedi, e la lapide viene poi decorata con simboli personali. Questa ricerca, che assumerà i contorni di una vera e propria ossessione la porterà nei luoghi d’infanzia per provare a ricominciare lì dove tutto è iniziato. E finalmente smette di nascondere i segni della vitiligine, simbolo dei suoi traumi.

Lungometraggio d’esordio della montatrice croata Dubravka Turić, Traces è stato presentato al Festival di Varsavia e poi al Festival di Zagabria, ed è attualmente in corsa per la Croazia per l’Oscar al miglior film internazionale. Affascinata dal rituale dei Mirila, proprio della regione croata del Sud Velebit fino agli anni Cinquanta, notato mentre faceva un’escursione in quelle zone e poi studiato approfonditamente attraverso tutta la letteratura disponibile e compiendo numerosi viaggi di ricerca, la Turić, passata già con successo dal montaggio alla regia con diversi cortometraggi, fra cui Belladonna (2015) premiato a Venezia Orizzonti e Cherries (2017) presentato a Cannes, sfrutta la potenza mistica di questa antica usanza per mettere a tema solitudine e dolore di una donna che ha smarrito la felicità e ne insegue le tracce.

A dare corpo alla protagonista è l’intensa Marija Škaričić, già vista in Mare (2020), la cui interpretazione è sorretta da un efficace uso delle luci e da una colonna sonora suggestiva, che amplificano i diversi momenti privi di dialogo per dare spazio alla potenza “parlante” dei segni che Ana insegue. Turić si è occupata da sola del montaggio, in modo da mantenere il pieno controllo sul film e sulla sua atmosfera, e a dare lustro alla sua arte è un (finto) documentario televisivo in stile anni Ottanta che si intreccia con le ricerche della protagonista, quasi voce narrante dell’intera pellicola, le cui tracce sono tutte da scoprire.