In attesa di rivelare il vincitore nella giornata di mercoledì 6 dicembre, la rivista Time ha rivelato la shortlist per il titolo annuale di “Person of the Year”, il tradizionale appuntamento che da novantasei anni mette in copertina la figura (persona, gruppo, simbolo) che ha influenzato più di tutti i dodici mesi passati.

A trionfare sono generalmente capi di Stato e di governo (per ventitré volte il presidente degli Stati Uniti, sei segretari generali del Partito Comunista sovietico, quattro cancellieri della Germania, tre papi, due presidenti francesi, due capi cinesi, la regina d’Inghilterra e così via), ma nel corso del tempo sono stati premiati anche imprenditori, first lady, leader carismatici, scienziati, astronauti.

Quasi mai vengono considerati personaggi che hanno a che fare con il mondo delle arti e dell’industria culturale (a meno che non si voglia considerare Winston Churchill un letterato, anche perché fu scelto in quanto primo ministro; stesso discorso per Bono Vox, premiato per l’impegno umanitario), con qualche sparuta eccezioni per esponenti del giornalismo (i reporter perseguitati dal potere) e della tecnologia (Andrew Grove ed Elon Musk, con Bill Gates celebrato come benefattore e non per Microsoft). In realtà non è proprio così, ma lo vedremo dopo.

Se è vero che il titolo viene assegnato a chi nel bene o nel male ha fatto di tutto per influenzare gli eventi dell’anno, allora viene da pensare che secondo il Time chi nell’ultimo secolo si è occupato di letteratura, cinema, musica, arti visive o performative non ha avuto alcuna influenza sui suoi contemporanei. Ovviamente non è così e l’elezione della “Person of the Year” risponde a tanti fattori.

Michael B. Jordan in Creed III - Foto Eli Ade © 2023 Metro-Goldwyn-Mayer Pictures Inc. All Rights Reserved
Michael B. Jordan in Creed III - Foto Eli Ade © 2023 Metro-Goldwyn-Mayer Pictures Inc. All Rights Reserved

Michael B. Jordan in Creed III - Foto Eli Ade © 2023 Metro-Goldwyn-Mayer Pictures Inc. All Rights Reserved

E inoltre Time divide le “persone dell’anno” in varie sezioni: innovatori, titani, leader, icone, pionieri e artisti. Tra gli “artisti” troviamo, tra gli altri, Michael B. Jordan, Ali Wong, Drew Barrymore, Austin Butler, Aubrey Plaza, Rian Johnson, Salma Hayek, Zoe Saldana, Judy Blume, Colin Farrell, Lea Michele. Ancora più cinematografica è la categoria delle “icone”, con le citazioni di Jennifer Coolidge, Ke Huy Quan, Sara Mardini e Yusra Mardini, Shah Rukh Khan, Pedro Pascal. Il regista indiano S. S. Rajamouli è tra i “pionieri”, Angela Bassett spunta tra i “titani”, Bob Iger tra gli “innovatori”.

E però quest’anno nella rosa dei front-runner principali, insieme a leader politici (Xi Jinping, Vladimir Putin, Re Carlo III) e al presidente della Federal Reserve Jerome Powell, ci sono figure che, in un modo o nell’altro, hanno a che fare con il discorso sulle immagini.

la foto dell’anno

Compresi i ​​​​​​pubblici ministeri di Donald Trump”, che con la loro azione accusatoria hanno reso il tycoon il primo presidente americano a essere incriminato. Perché, al di là del fatto storico, è una vicenda che ha un’immagine diventata simbolo: la foto segnaletica scattata la sera del 24 agosto 2023, dopo che Trump (già persona dell’anno nel 2016) si è consegnato alle autorità rimanendo per pochi minuti in stato d’arresto prima del rilascio. E pubblicata proprio da Trump per festeggiare il suo ritorno su X (ex Twitter), da cui era stato bannato. È un primo piano che non somiglia a quello delle tanto star fermate per guida in stato di ebbrezza: c’è la consapevolezza della potenza iconografica del potere che piega uno svantaggio a proprio favore, una foto-profilo che si fa santino elettorale, una personalità mediatica (per il pubblico americano Trump è soprattutto il boss di The Apprentice) che interpreta sia il criminale accigliato che la vittima dei poteri forti. Un’immagina che ci ricorda quanto Trump sia una figura nutritasi di immaginario mediatico, cinematografico in primis.

la foto segnaletica di Donald Trump
la foto segnaletica di Donald Trump

la foto segnaletica di Donald Trump

intelligenza artificiale

E c’è anche un altro candidato che non ha a che fare direttamente con il cinema ma anche di cinema si nutre fino a cannibalizzarlo: è Sam Altman, il fondatore di OpenAI, azienda che tra le altre cose ha fondato ChatGPT. Una candidatura che, nel giro di pochi giorni, è stato licenziato e reintegrato dalla sua stessa azienda (c’entra, forse, un conflitto d’interesse). Un imprenditore visionario e, per alcuni, un pericolo pubblico: Altman punta alla “intelligenza generale artificiale”, cioè creare macchine che funzionino come il cervello umano. Al rapporto tra cinema e intelligenza artificiale abbiamo dedicato la cover story della Rivista del Cinematografo di luglio 2023 (qui per leggere tutti gli articoli). E, in un curioso cortocircuito proprio con il cinema, Altman paragona il suo lavoro a quello di Oppenheimer, il “padre” della bomba atomica.

Barbenheimer

Protagonista di uno dei film dell’anno, che insieme a un altro blockbuster anomalo dell’annata ha messo il grande schermo al centro del villaggio, generando il fenomeno Barbenheimer, neologismo-tormentone nato per l’uscita americana simultanea (21 luglio 2023) dei film di Christopher Nolan e Greta Gerwig. Anche la regista di Barbie c’entra con questa shortlist, dato che Time ha selezionato proprio la bambola più iconica d’America, creata nel 1959. Barbie è in corsa per il titolo perché protagonista del più grande successo dell’anno solare (il botteghino mondiale, al momento segna 1 miliardo e 442 milioni di dollari), un brillante kolossal fantasy femminista in cui la bambola prende vita e diventa il centro di una riflessione sul patriarcato (tra il racconto pop e la sociologia for dummies, ma va benissimo così). Un exploit non del tutto pronosticabile, diventato il film diretto da una donna con il miglior incasso di sempre.

Queen Taylor

Un’altra regina del botteghino è nella rosa del Time: Taylor Swift, tra le massime popstar del suo tempo, detentrice di record e lauree honoris causa, imperatrice della discografia e oggetto di corsi di laurea, quinta domanda più potente del mondo secondo l’ultima classifica di Forbes (prima di lei solo figure istituzionali). In attesa di dirigere il suo primo film, è arrivata al cinema con The Eras Tour, serie di concerti il cui impatto culturale, economico e politico ha pochi paragoni per vendite e presenze, che ha reso Swift la prima miliardaria in assoluto ad avere la musica come principale fonte di reddito. E infine trasformato in un film con cui l’artista ha sfidato il tradizionale modello di distribuzione collaborando direttamente con i circuiti degli esercenti, diventato il film-concerto con il maggior incasso di tutti i tempi (250 milioni circa).

Ma Swift è già stata “persona dell’anno”, insieme ad altre donne, quando nel 2017 fu inserita nel gruppo delle “The Silence Breakers”, cioè le persone che hanno denunciato abusi e molestie sessuali nel mondo del lavoro. A rappresentarle c’erano le esponenti del MeToo, compresa l’attrice Ashley Judd, che resta l’unica personalità effettivamente legata al cinema selezionata dal 1927. Finora?

hollywood strike

Sì, perché nella shortlist del Time ci sono anche gli scioperanti di Hollywood. Gli sceneggiatori sono stati fermi 148 giorni, gli attori 118; i primi chiedevano paghe più alte e più sicurezza sui posti di lavoro; i secondi, un nuovo contratto collettivo, la revisione dei compensi legati allo sfruttamento in streaming, più sicurezza nei provini; entrambi si sono battuti per un uso limitato dell’intelligenza artificiale. È l’agitazione più lunga nella storia del settore, il cui impatto ha comportato la perdita di 45.000 posti di lavoro, circa 6,5 miliardi di dollari per l’economia della California meridionale nonché il rinvio delle uscite in sala, la sospensione nella scrittura di film, serie, programmi televisivi e tutte le attività connesse come la promozione e le ospitate. Escludendo la pandemia, la più grande interruzione dell’industria cinematografica e televisiva: se il Time scegliesse loro, gli scioperanti, testimonierebbero per la prima volta quanto l’industria culturale dell’intrattenimento sia centrale nel nostro quotidiano. Mica poco.