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Toto le Héros
Sul non senso della vita il giovane regista belga Jaco Van Dormael ha precedenti illustri, come Shakespeare nel celebre brano del Macbeth, non a caso a un certo punto citato nel film: “La vita non è che un'ombra che cammina, un povero commediante che si pavoneggia e si agita, sulla scena del mondo, per la sua ora, e poi non se ne parla più; una favola raccontata da un idiota, piena di rumore e di furore, che non significa nulla”.
Muovendo da questa idea di fondo, Van Dormael s’interroga, però, anche sui motivi che rendono priva di significato la vita, giungendo alla conclusione che è quando si vive proiettati nel passato nel futuro, come in genere accade da adulti, che si finisce per non vivere e si avverte il vuoto. Possiede, al contrario, il “talento per la vita” chi è capace di vivere con semplicità e passione nel presente, come i bambini, che non hanno passato e non sono ossessionati dalla costruzione del loro avvenire e qualche volta gli anziani, non avendo ormai più nulla da perdere.
Di qui la “storia senza storia” del protagonista del film e il suo diventare nel finale “una storia”. Convinto di essere stato scambiato nella culla, durante un incendio, con Alfred, figlio dei vicini e morbosamente invaghito della soreIlina Alice (attratta, invece da Alfred), da bambino, Thomas (interpretato dal piccolo e bravissimo Thomas Godet) vive questa realtà odiando con veemenza tutta infantile Alfred, che ha preso il suo posto in una famiglia agiata, nonché nel cuore della sorellina e sognando, per sistemare tutto, di diventare il famoso agente segreto Toto le héros.


Toto le Héros
Niente di tutto questo lo attende, invece. A differenza di Alfred, che ha una sistemazione di prestigio assicurata, in quanto succede al padre nella conduzione dell’azienda familiare, il Thomas adulto (l’esordiente Jo De Backer) non è che un modesto e in soddisfatto impiegato. Né va in porto la storia d’amore intrecciata con Evelyne (la Mireille Perrier di Un mondo senza pietà di Rochant), dalla quale è stato attratto perché somiglia alla sorella morta e che è sposata – guarda caso – con Alfred, anche se poi abbandonerà entrambi.
Tutto è squallido e grigio intorno a lui e sembra che il tempo sia passato senza che sia successo mai nulla. A rimettere le cose a posto interviene però, allora il Thomas anziano (Michel Bouquet, interprete di tanti film di Chabrol, Truffaut, Corneau), ritrovando la chiarezza d’idee e la determinazione del bambino per dare alla sua esistenza una svolta finale, che magari è ancora un fallimento ma è se non altro in linea con le aspirazioni di allora.
Non c’è un senso, dunque, solo se non viviamo veramente, se non arriviamo a un qualunque risultato, non necessariamente positivo, ma determinato, in ogni caso, da noi. E tutto questo vien fuori dal film più che altro dalla suggestione evocativa delle immagini e della musica. L’assenza, in definitiva, della vita è, così, chiaramente avvertibile nella assoluta mancanza di voli fantastici nelle parti che si riferiscono al periodo centrale, decisamente le più piatte, con quel Thomas adulto ripiegato nel passato e ostinatamente in cerca unicamente di un amore della sorellina Alice che non può trovare nella donna che ha incontrato.


Toto le Héros
La vita si sente palpitare, invece, nell’infanzia di Thomas, col ritmo martellante quasi delIa canzone Boum boum di Trenet-France, che s’ispira al battito del cuore, scandendo con festose parentesi il susseguirsi degli avvenimenti provocati dalle tante frustrazioni del bambino e dalle mille difficoltà tra cui si barcamena alla meno peggio la sua famiglia. E qualcosa di simile accaduto con l’irruzione dell’immaginario o l’intervento nel finale del fantomatico Toto le héros per giungere alla conclusione desiderata dal Thomas anziano.
Contribuisce, infine, a dare particolare vivacità espressiva all’insieme l’intreccio delle tre età, attraverso immagini che si susseguono non in ordine cronologico ma a balzi, come si presentano nel ricordo del protagonista. All’originalità tematica si aggiunge, quindi, la novità del linguaggio e dello stile. Non stupisce, perciò, che Toto le héros sia l’opera prima più premiata degli ultimi tempi. Dopo essersi conquistato già a Cannes, dove è stato presentato nel 1991 alla Quinzaine des realizateurs, la Camera d’or come miglior opera prima e il premio Fipresci, ha ricevuto anche il César per il miglior film straniero e numerosi altri premi a Berlino e in Portogallo. Né si può dubitare che l’ex clown ed ex animatore di spettacoli per bambini Jaco Van Dormael, con dieci anni di cortometraggi alle spalle, a soli trentaquattro anni, sia uno dei più interessanti e promettenti giovani registi europei.