“Ho compiuto 65 anni, una volta a questa età si andava in pensione: io mi sono ritirato dalle campagne elettorali”. Ma come si fa a non chiedere a Tim Robbins, attore da sempre schierato politicamente, un’opinione sulle imminenti elezioni? Ospite al Magna Graecia Film Festival per ricevere la Colonna d’Oro e dove, venerdì 2 agosto, si esibirà in concerto con il suo gruppo, i Tim Robbins and the Rogues Gallery Band, all’arena porto di Catanzaro, il premio Oscar sembra inamovibile. O quasi. “Kamala Harris? No comment. Ma provate a chiedere un parere ai detenuti in California. Comunque, ci sarebbe anche un terzo candidato (si riferisce all’indipendente Robert F. Kennedy, Jr., ndr). Non è un endorsment, però è strano che nessuno ne parli”.

Ed è radicale anche su chi, parlando dell’attentato a Donald Trump, tira in ballo Bob Roberts, il film da lui scritto, diretto e interpretato nel 1992 in cui un immaginario candidato al Senato conservatore e populista mette in scena un tentato omicidio a fini elettorali: “È un parallelismo che mi offende. La situazione attuale è completamente diversa e più lacerata: le persone sono alimentate dall’odio e si rifiutano di ragionare, non provano empatia né compassione. Spero che si possa tornare a una condizione in cui ci sia maggiore comprensione reciproca anche nel dissenso. Solo così possiamo imparare qualcosa e migliorarci grazie alle esperienze altrui”.

Critico sui lockdown, Robbins lamenta un brutto clima sociale negli Stati Uniti: “Il grande pericolo è l’isolamento nei nostri pensieri. Siamo sempre più indignati e arrabbiati, adottiamo comportamenti tribali, abbiamo perso il valore dello stare insieme e scambiarci opinioni differenti. Dobbiamo cambiare per riconquistare l’umanità”.

Tim Robbins in Le ali della libertà
Tim Robbins in Le ali della libertà

Tim Robbins in Le ali della libertà

(Webphoto)

Sulla sua lunga carriera: “Ho cavalcato l’ultima ondata di un bellissimo periodo creativo a Hollywood, ho lavorato con geni come Robert Altman, Brian De Palma, Martin Scorsese: poi che è successo? È sempre più difficile fare film che non siano pieni di inseguimenti ed effetti speciali. Nella mia carriera ho privilegiato le scelte basate sulle qualità. Avrei ancora molte storie da raccontare, sono all’apice della mia fioritura, ma devo incontrare un mecenate che mi finanzi”. Su quali siano i suoi film del cuore cita il maestro Altman, che lo diresse ne I protagonisti: “È come con i figli: do più amore a quelli più ignorati: sono orgoglioso di aver recitato in La vita segreta delle parole di Isabel Coixet, Codice 46 di Michael Winterbottom, Catch a Fire di Phillip Noyce”.

E mentre spera che vada in produzione la terza stagione di Silo, serie distopica di AppleTv+ in cui è il cattivo, si gode la carriera musicale con i Rogues Gallery Band: “La musica è sempre stata parte integrante della mia vita, ma tutto è cambiato al funerale di Altman. Incontrai il produttore discografico Hal Willner, mi chiese delle mie registrazioni, lui le ascoltò e mi propose di fare un album e un tour. È morto per Covid nel 2020: i concerti che stiamo facendo con la band sono un omaggio alla sua memoria”.