Dormi, razza d’Abele, e bevi e mangia:

con compiacenza ti sorride Iddio.

La tua carogna ingrasserà il fumante

suolo, razza d’Abele.

Non compiuta è, o razza di Caino, la tua opera.

O razza di Caino, su, arrampicati al cielo

E rovescia Dio, giù, sopra la terra

È drammatica, irridente, paradossale la lirica di Charles Baudelaire Abele e Caino, tratta da I fiori del male.

Abele è “colpevole” di godere della predilezione di Dio e quindi meritevole della fine subita.

Caino è invece invitato dal poeta a compiere la sua opera omicida: salire in cielo e scaraventare giù Dio, destinandolo alla stessa fine del fratello.

A ben vedere è quello che l’uomo ha fatto, secondo la visione cristiana, crocifiggendo Gesù Cristo. Ma quel che più colpisce è che il poeta francese, “maledetto”, attribuisca ad Abele una discendenza che – come noto – non potrà avere a causa della morte violenta subita per mano del fratello. Un modo per irridere Abele, ma soprattutto per affermare che noi umani siamo tutti discendenza di Caino, potenziali fratricidi e nemici dell’altro.

Chi è Caino? È chi si vota interamente al male? È chi lo compie senza pietà e pentimento? Chi è Caino, è altro da noi, è l’altro che ci appare come nemico, come infermo, come spiegava Jean Paul Sartre?

Oppure Caino sono anche o addirittura anzitutto io?

«Come ha notato Sant’Ambrogio, Caino e Abele non sono solo due figure letterariamente autonome del racconto biblico – due personaggi – ma due parti interne del soggetto, l’indice di una divisione che attraversa ciascuno di noi».

Con questa duplice citazione, che attraversa la storia del pensiero occidentale, Massimo Recalcati ci aiuta a scoprire come in ciascuno convivano tracce consistenti della rettitudine di Abele e della imbarazzante e impegnativa paternità di Caino.

Proviamo a partire da qui, questo è l’invito di questa XXVI edizione di Tertio Millennio Film Fest (in programma a Roma, al Cinema Greenwich, dal 14 al 18 novembre).

Ciascuno interroghi anzitutto se stesso prima di identificare nell’altro la personificazione del male che uccide il fratello, prima di auto assolverci e di colpevolizzare solo l’altro da se, prima di mettere in capo ogni violenza fratricida ai grandi e nuovi “Caino” della storia, anche contemporanea, che con la loro disumanità seminano morte tra i propri simili.

Non si tratta di riabilitare chi è oggettivamente colpevole davanti al giudizio della storia o dei tribunali, ma di guardarci dentro per scoprire quanto abbiamo lasciato che crescesse in noi lo spirito di Caino, quell’istinto che porta – in molte forme – a eliminare l’altro (a volte anche Dio stesso) pur di affermare noi stessi. Guardarci dentro, per ritrovare il coraggio di far crescere lo spirito di Abele e di aprire il cuore alla relazione con Dio, accogliere la sua grazia, il suo spirito e tornare a una relazione da autentici fratelli con il nostro prossimo.

Grazie a questa introspezione, che i film di Tertio Millennio promuovono, con questa riflessione su noi stessi possiamo – ciascuno anzitutto a partire da sé – contribuire a evitare che Caino ritorni.