Aggrappato a una piattaforma petrolifera, Tommy Norris (Billy Bob Thornton) si ferisce gravemente a una mano ma di andare in ospedale non ci pensa proprio. Maschio alfa impassibile sotto il cappello da cowboy vuole soltanto una sigaretta e una Dr Pepper. Questo momento di spavalderia riassume perfettamente il fascino bovaro di Landman, la nuova produzione di Taylor Sheridan.

Nel cuore del Texas moderno, presenta la sua versione aggiornata del western, dove i duelli con la pistola cedono il passo a vivaci scontri verbali. Basta scegliere una qualsiasi delle sue serie per ritrovare lo stesso archetipo maschile: il cowboy coriaceo ma brillante che parla solo per aforismi conosce un solo mezzo di comunicare (il conflitto), maledice il wokismo, nutre sfiducia nelle istituzioni e nelle élite delle grandi città e si fa giustizia da solo. Per quanto riguarda l’uniforme: Stetson per i gentiluomini, scollature vertiginose per le signore (più machiste dei loro compagni).

©2024 Viacom International Inc. All Rights Reserved. Landman and all related titles, logos and characters are trademarks of Viacom International Inc.
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L-R: Jacob Lofland as Cooper Norris, Mustafa Speaks as Boss and Billy Bob Thornton as Tommy Norris in season 1, episode 4 of Landman streaming on Paramount+ Photo Credit: Emerson Miller/Paramount+ (Emerson Miller/Paramount+)

Landman concentra le ossessioni di Sheridan, che è diventato il padre delle serie ‘conservatrici’ americane. Grandi spazi aperti e vita semplice, uomini di parola e donne a cavallo tra due mondi, riflettono gli archetipi e i valori tradizionali della “vera” America. Tra scrittura stereotipata e lirismo pastorale, stile fisico e retorica populista, l’autore texano, sceneggiatore più pagato di Hollywood, coglie come nessun altro le contraddizioni e le preoccupazioni di un Paese che ha appena rieletto Trump.

In pochi anni ha costruito un impero televisivo - Yellowstone, 1883, 1923, Mayor of Kingstown, Tulsa King, Lioness - e raccontato l’America delle small town, dove la gente beve birra, rimanda il progresso e pratica i valori popolari nella destra americana: l’antifiscalismo, la difesa del territorio contro una minaccia esterna e l’autonomia politica. Yellowstone, la prima serie sceneggiata da Sheridan per Paramount, è stata commissionata nel 2017, pochi mesi dopo la prima presidenza Trump. Successo fulminante negli Stati rurali, la critica americana la descrive come “l’opera simbolo dell’era Trump” ma le cose sono più complesse di così. Il successo del marchio Sheridan si può spiegare altrimenti.

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Sylvester Stallone as Dwight "The General" Manfredi of the Paramount+ original series TULSA KING. Photo Credit: Brian Douglas/Paramount+. © 2024 Viacom International Inc. All Rights Reserved. (Brian Douglas/Paramount+)

Le sue creazioni sono generalmente organizzate intorno a una figura maschile ultra-identificata di americanità (Kevin Costner, Harrison Ford, Billy Bob Thornton, Sylvester Stallone…) e alla sua lotta con le ‘questioni del territorio’, derivate direttamente dal western. Nello sguardo dei suoi eroi compete un residuo di fede e il ritegno malinconico di chi sa di aver perso per sempre la battaglia culturale. Come se non potessero incarnare altro che una forma di nostalgia in azione che cavalca ancora verso la frontiera: geografica, legale, familiare, ideologica.

Nel 2020, la popolarità di Yellowstone esplode anche nelle grandi metropoli. Mentre tutto il mondo è confinato, i suoi ampi spazi aperti conquistano il pubblico. Ma la più grande risorsa di Taylor Sheridan è la sua scrittura. Con Yellowstone e Landman, lo sceneggiatore modernizza il western tradizionale, incorporando non solo nuove tecnologie ma anche complesse questioni economiche.

Yellowstone
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Invece della classica contrapposizione binaria cowboy contro indiani, Sheridan integra un terzo archetipo (incarnato da Jon Hamm in Landman o da Danny Huston nella prima stagione di Yellowstone): il capitalista senz’anima della metropoli, pronto a tutto pur di acquistare le terre degli abitanti del luogo e trasformarle in complessi abitativi o industriali. Predazione immobiliare contro resistenza elegiaca. Che si agisca per legittima difesa o in nome di una legge facile da aggirare, il mondo di Yellowstone come quello di Landman chiama in permanenza la violenza e la questione della sua legittimità. Perché nell’autentico Far West, o in quello che ne rimane coi suoi ranch, le ballate country al tramonto e le risse da bar servite al banco con le birre, non si parla, si picchia, duro.

Questa combinazione muscolare di forza narrativa e ambiguità politica, che manca in molti prodotti contemporanei, conferisce alle creazioni di Sheridan un fascino innegabile, anche per i democratici che le guardano con colpevole piacere. Il western qui serve a comprendere come la violenza, corollario dell’espansione verso ovest, sia inscritta nel DNA americano.

Yellowstone
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L’autore figura questo stile di vita nei suoi aspetti più letali: l’individualismo, la sfida alle istituzioni, l’esaltazione della virilità. Più libertario che veramente reazionario, ricorda agli americani chi sono e da dove vengono (1883), sfuma abilmente le linee di demarcazione fino a rappresentare coppie miste, lesbiche, immigrati, femministe. Una sfocatura ideologica per giocare su due fronti e dentro un mondo che comincia a prendere forma nelle sue sceneggiature (Sicario, Hell or High Water). Ma è la regia di Wind River a confermare un’idea antica come il western: quella di una terra senza legge che deve essere bonificata da uomini di buona volontà.

Sheridan compone fin dal debutto con le ferite aperte lasciate dalla conquista dello spazio americano e il genocidio che l’ha accompagnata. Yellowstone poi pianta i fondamentali e le recinzioni, onnipresenti, che ossessionano John Dutton e anticipano la chiave dei racconti a venire: la proprietà privata. Cova tutta lì la tragedia dei suoi neo-western situati cronologicamente all’altro capo del racconto fondativo (1883). Sheridan filma cosa resta oggi della costruzione fangosa del suo Paese e ci assicura che l’America selvaggia dei pionieri non è cambiata. È l’America “Red State” che tracanna il petrolio e gentrifica l’Ovest.