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La città incantata
Il più grande traguardo raggiunto da Il ragazzo e l’airone non è stato vincere l’Oscar come miglior film d’animazione, o essere stato il primo anime della storia ad aggiudicarsi il Golden Globe nella medesima categoria. Non è neppure l’avere incassato quasi 168 milioni di dollari in tutto il mondo, senza aver fatto precedere la pellicola da alcun materiale promozionale. No, la vera impresa compiuta dall’ultimo lungometraggio di Hayao Miyazaki è stata far riaprire lo Studio Ghibli, una delle realtà più importanti della storia dell’animazione (in quanto promotrice di “un cinema che, con coraggio, abbandonava mode ed estetiche per imporre un proprio linguaggio, capace di coniugare arte e intrattenimento, leggerezza fanciullesca e profondità concettuali”) e, al tempo stesso, “un sogno di libertà. Un’utopia colorata che viveva nell’immaginazione di pochi. Un sogno che cullava un’idea, una possibilità. Un sogno che aspirava all’assoluto, all’universale, alla sintesi, alla dicotomia”.
Queste parole, felicemente individuate da Andrea Fontana ed Enrico Azzano, provengono dal loro Studio Ghibli. L’animazione utopica e meravigliosa di Miyazaki e Takahata (pagg 394, € 20,00), longseller della casa editrice Bietti tornato in libreria in una nuova edizione ampliata e aggiornata, con prefazione di Jurij Norštejn (regista d’animazione russo – molto ammirato da Miyazaki – secondo il quale l’arte esiste “affinché l’individuo viva bene e nella naturalezza della sua condizione, affinché egli restituisca a sé stesso la felicità dei propri ricordi legati all’infanzia”) e postfazione dell’irlandese Tomm Moore (autore de La canzone del mare, 2014, e Wolfwalkers, 2020), che reputa giustamente i lungometraggi dello Studio Ghibli “un’eredità e un tesoro del cinema mondiale e una passione comune per tanti di noi che amano ancora questa forma d’arte che è l’animazione artigianale”.
Impostato al fine sia di esaminare l’intera produzione (e le dinamiche) Ghibli, sia di strutturarla in una chiave storico-analitica, il volume si articola in tre macro-sezioni. La prima è composta da quattro capitoli che affrontano, rispettivamente, la genesi e l’evoluzione dello Studio (Miracolo a Koganei. Storia sentimentale di un luogo (dell’) immaginario), i suoi due autori simbolo, ovvero Isao Takahata (La cruda carezza di un sogno reale) e Hayao Miyazaki (Nel sole, nel vento, nel sorriso e nel pianto: appunti sparsi di uno spettatore incantato) e L’altro Ghibli, da intendersi come uno sguardo sia alle altre personalità “ghibliane” (dal compianto animatore Yoshifumi Kondō al fedele discepolo Hiromasa Yonebayashi, incluso il difficile ruolo di Gorō Miyazaki, figlio – ma non erede artistico – di Hayao), sia ai prodotti diversi dai lungometraggi d’animazione (pubblicità, videoclip, corti e documentari). La seconda parte è dedicata a una filmografia ragionata, che include anche Nausicaä della Valle del vento (1984, il secondo lungometraggio di Miyazaki, prodotto dalla Topcraft), per il semplice motivo che è proprio dal suo volo che si è alzato il vento che averebbe portato Ghibli fino a Il ragazzo e l’airone. La terza sezione ospita i contributi esterni e, a sua volta, si divide a metà. Da una parte possiamo leggere gli approfondimenti critici di Raffaele Meale (L’inizio del tutto. L’ouverture nelle opere dello Studio Ghibli), Massimo Soumaré (Storia e tradizione: i due pilastri nascosti dello Studio Ghibli), Matteo Boscarol (Lo Studio Ghibli e la Storia), Sergio Sozzo e Aldo Spiniello (Il buongusto anticipa le epoche, la tecnologia arriva a seguire), Giampiero Raganelli (I canali del cinema di Takahata), Mariuccia Ciotta (Walt e Hayao), Matteo Stefanelli (Miyazaki, mangaka. Il fumetto e il piacere del disegno), Francesco Boille (Antitesi complementari), Luca Della Casa (Un Ghibli tra gli anime. L’influenza dello Studio Ghibli sull’industria dell’animazione giapponese) e Marco Bellano (Tutto è minimalista. La musica di Il ragazzo e l’airone). Dall’altra, viene dato spazio agli “Sguardi”, ossia alle testimonianze di artisti e autori provenienti da diversi ambiti, come i fumettisti Manuele Fior (La grande estasi del disegnatore: Miyazaki e il senso del volo), Emanuele Tenderini (Contraddizioni) e Sualzo (Nuvole), i registi Carlo S. Hintermann (Fuori dalle tasche! Grazie Studio Ghibli) e Michael Dudok de Wit (La mia esperienza con lo Studio Ghibli), l’animatore Lorenzo Fresta (Una strada per tornare a casa) e lo scrittore Manlio Castagna (Miyazaki: il pieno e il vuoto).
Come i piccoli protagonisti (“piccoli” solo di statura o di età, non certo per etica, coraggio o spirito) dei suoi film più celebri, lo Studio Ghibli continua a resistere nell’immaginario e nel cuore di chi lo ha sempre amato (e di chi lo ha appena scoperto), nonostante tutto e tutti. Più sul mondo si addensano nubi tempestose e ogni speranza sembra allontanarsi, più le sue pellicole risplendono come stelle, pronte a indicarci la via verso quella meta a cui lo spirito anela. Questo volume può essere dunque considerato come un’ulteriore ed efficace mappa per decifrare quel sentiero simbolico, che il bambino in noi ha sempre conosciuto (e istintivamente compreso), ma che l’adulto forse deve imparare a ricordare, per immergersi, ancora una volta, in una dimensione dove davvero tutto è possibile.