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Storia di una notte
“Bisogna mettere in scena il dolore in un tempo in cui questo è un tabù”. Così Anna Foglietta protagonista insieme a Giuseppe Battiston di questa storia dolorosa: una coppia che perde un figlio e rischia di perderne un altro. Si intitola Storia di una notte, perché tutto si svolge nel corso di una notte a Cortina, è diretto da Paolo Costella e sarà nelle nostre sale dal 30 aprile con PiperFilm.
Prodotto da Attilio De Razza e Nicola Picone e liberamente tratto dal libro Nelle migliori famiglie di Angelo Mellone, edito da Mondadori. In realtà in gran parte si discosta dal romanzo perché come dice il regista che ha scritto la sceneggiatura a quattro mani con Tania Pedroni: “Il libro si sviluppa su più piani temporali. Racconta la coppia negli anni passati, il momento della rottura e poi quando cercano di ricostruire il rapporto. Noi abbiamo deciso di concentrare tutta l’attenzione narrativa sul presente dal punto di vista strutturale, mentre da quello valoriale abbiamo spostato l’attenzione sugli individui piuttosto che sulla famiglia come istituzione”.
La storia è quella di una famiglia un tempo felice, composta da Piero (Battiston) ed Elisabetta (Foglietta) e dai loro figli adolescenti Sara (Giulietta Rebeggiani) e Denis (Biagio Venditti), che ora, dopo la perdita di un altro figlio, non esiste più, ma che decide di festeggiare insieme, ancora una volta, la Vigilia di Natale a Cortina. Quando Denis ha un incidente sugli sci, la famiglia si trova a vivere una notte di lunga attesa. Sarà una notte di veglia, di rinascita e di riscoperta, perché “c’è sempre qualcosa che si può fare, e se non c’è la devi inventare”.
“Il dolore viene o negato o spettacolarizzato- racconta Costella-. Noi abbiamo provato in questa storia a raccontarlo in modo normale. Non per normalizzarlo, ma per guardarlo in faccia senza timore e senza eccessiva crudeltà. È un tema toccante che risveglia sentimenti e quindi abbiamo cercato di affrontarlo con delicatezza”.
Mentre Anna Foglietta dice: “Questo è un film estremamente complesso. Ogni volta che si affronta il tema del dolore ci sono dei modi iconografici, dei modi alternativi e dei modi onesti. Noi abbiamo cercato di lavorare sull’onestà di questo sentire. Conosco delle famiglie che hanno attraversato questo tipo di lutto e mi ha colpito la loro capacità di stare al mondo e nella vita nonostante la perdita di un figlio. Si dice sempre perdi una moglie o un marito diventi vedova o vedovo, un genitore diventi orfano, un figlio non esiste una parola nella nostra lingua, come nelle altre. che corrisponda a questo lutto. Le persone che conosco che hanno perso dei figli e hanno attraversato questo dolore hanno piantato alberi, hanno fatto nascere associazioni e hanno continuato a commemorare la persona scomparsa con gesti vitali. Nel caso del mio personaggio, ovvero di Elisabetta, lei non ha avuto questa capacità. È una donna che porta dentro di sé e in sé una corazza che le fa avere un passo pesante. Non riesce più a comunicare come prima, è diventata qualcosa di diverso. Riesce poi grazie a una figlia vitale e volitiva ad avere una reazione. E poi c’è la natura con le sue montagne dirompenti che le fanno recuperare una componente istintiva e animalesca. Questi personaggi non sopravvivono, ma trovano un nuovo modo di vivere”.
E Battiston: “Lo spettatore si troverà di fronte alla storia di una famiglia che si è disgregata. Talvolta da un immenso dolore si può costruire una famiglia ancora più solida. I nostri protagonisti non hanno avuto quello slancio per metabolizzare quel dolore. Di fronte alla minaccia di una nuova disgrazia ricominciano per paura a guardarsi in faccia. Si sentono e si capiscono in una forma distante, ma vicina. Il film in sintesi racconta di un amore che c’è stato, che non c’è più, ma che si può trasformare. E il richiamo di Sara che li porta nella natura, lontani dalla stanzetta di ospedale, è quasi salvifico, è un’ancora di salvezza che gli permette di restare al mondo”.
Nel cast anche Stefania Casini, Yile Yara Vianello, Thomas Trabacchi e Massimiliano Caiazzo. Infine sulla mancanza di ruoli interessanti femminili nel cinema di oggi Anna Foglietta si sfoga: “Le scritture che ricevo sono insoddisfacenti e questo è un peccato. È bello che ai David quest’anno ci siano delle attrici giovani e tre registe. C’è sicuramente un turn over ma dimostra anche che ruoli interessanti per le donne della mia età non ce ne sono. Dai 46 anni in su si va nello stereotipo. Abbiamo bisogno di sguardi femminili sul femminile. Si parla di femminile, patriarcato, parità di genere, mascolinità tossica e via dicendo, ma abbiamo bisogno di cinema e di autori che restituiscano un senso su quello che stiamo vivendo. Le donne sono sempre viste in figure funzionali, in funzione di qualcosa e non di loro se stesse. Si fa fatica a tracciare dei ritratti di donne autosufficienti e autodeterminate. Non ci sono. Andiamo sempre nella sfera della follia, della stravaganza e del naif. Il femminile è estremamente più folto, interessante, tridimensionale e complesso di quello che riusciamo a raccontare”.
E Battiston conclude: “Chi scrive film non riesce a guardare con un occhio interessante ai personaggi femminili, che siano trainanti e che sappiano esprimere un disagio di un genere che è prettamente maschile. Sostengo da tanto tempo che il vero problema del cinema risieda proprio nella scrittura”.