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Gina Lollobrigida (Annex)
“Quella è un diavolo scatenato, una ragazza un po’ ardita… Forse è la troppa miseria a metterle un diavolo in corpo! La chiamano ‘Pizzicarella, la Bersagliera’…”.
Quando Gina Lollobrigida interpreta per la prima volta il ruolo iconico della Bersagliera in Pane, amore e fantasia (Luigi Comencini, 1953), ha venticinque anni, non è ancora la Lollo nazionale e ha alle spalle un (breve) passato cinematografico da miss e da maggiorata.
Non una maggiorata qualsiasi, intendiamoci, ma la prima “maggiorata fisica” della storia: l’espressione viene, infatti, utilizzata in una scena del film Altri tempi (A. Blasetti, 1952) dall’avvocato (Vittorio De Sica) in difesa di Mariantonia Desiderio (Gina, per l’appunto), una conturbante creatura, accusata di infedeltà, ma fin troppo bella per poter essere condannata, come l’etera Frine della Grecia classica.
Quell’episodio segna un precedente epocale nella cultura italiana degli anni Cinquanta e Lollobrigida diventa il prototipo di una bellezza eccessiva, popolare, si potrebbe dire quasi “aumentata”, che ridefinisce l’assetto immaginifico di un paese intero e proietta la giovane attrice verso la definitiva consacrazione a livello internazionale. Rispetto alle sue coeve ingombranti rivali (Loren su tutte), Lollo può vantare un ulteriore primato: decide di plasmare da sola il suo percorso divistico senza consegnarsi, sposandolo, al pigmalione di turno.
Nei film di Comencini – il secondo, Pane, amore e gelosia, è del 1954 – il personaggio di Maria De Ritis, detta la Bersagliera, è la versione contadina del mito forgiato sulle sembianze della sua interprete: una ragazza povera, molto avvenente e spregiudicata, cresciuta nella grettezza pruriginosa di Sagliena, negli Abruzzi, il tipico (immaginario) paese all’antica in cui le apparenze sono fondamentali, perché una cattiva nominata può fare danni ben più gravi di una colpa effettiva, come ci insegna la migliore tradizione commedica.
È come se Sagliena fosse un enorme cinema all’aperto e Maria la sua acclamatissima diva cafona, una “soubrettona nata”. Ogni volta che entra in scena, dondolandosi fieramente a piedi nudi sul dorso del fido asinello, con indosso un misero straccetto sgualcito, gli sguardi sono tutti per lei. Per fortuna, il neorealismo è finito e la virtù della Bersagliera non corre alcun pericolo. Resta l’immagine di una femminilità esuberante e vitale: del resto, a novantadue anni appena compiuti, la Lollo può ancora rivendicare di essere la donna più bella del mondo.