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Sono Lillo
"Dimmi che non è un'allucinazione".
- Ma certo che lo è, non vedi che è tutto sopra le righe?
La quotidianità di Lillo (Pasquale Petrolo), comico di successo, ingaggiato come Posaman anche alle feste dei camorristi, viene sconvolta dall'abbandono della moglie, Marzia (Sara Lazzaro), stanca di condividere l'esistenza con un bambino mai cresciuto.
Incentivato a proseguire sulla sua strada dall'agente Sergio Locatelli (Pietro Sermonti), Lillo decide invece di cambiare vita e vorrebbe cominciare a lavorare nell'azienda vinicola di famiglia, condotta dalla madre (Anna Bonaiuto) e dal fratello (Cristiano Caccamo). La scissione è profonda, con il suo alter ego - Posaman - che incomincia ad apparirgli, provocandolo, nei momenti meno opportuni.
"Io devo uccidere Posaman".
La serie in otto episodi diretta da Eros Puglielli (disponibile da oggi su Prime Video) prende spunto se si vuole dal Birdman di Iñárritu e sfrutta la "nuova", enorme popolarità ottenuta da Lillo dopo la prima edizione di LOL, con quel "So' Lillo" che seguì la performance del supereroe Posaman nel comedy show Amazon: la formula è quella dell'autofiction in stile Vita da Carlo, declinata in chiave più fumettistica e poggiata sulla naturale comicità surreale del suo protagonista (che Puglielli ritrova dopo il recente Gli idoli delle donne), perennemente in bilico tra l'aspirazione di una vita altra, "adulta", i giochi di ruolo da elfo-vichingo-guerriero, il riconquistare a tutti i costi la donna della sua vita e il liberarsi una volta per tutte dal personaggio immaginario che lo ha reso (ancora più) celebre e che non vuole saperne di lasciarlo andare.
Popolato di puntata in puntata dalla partecipazione di altri comici, da Valerio Lundini a Emanuela Fanelli, da Maccio Capatonda a Caterina Guzzanti, da Michela Giraud a Stefano Rapone, cabarettisti al Kaduki, locale gestito da Agenore (Paolo Calabresi, che ogni volta scuote la testa e dispensa consigli assurdi, vecchia scuola, sulla "mimica" e sulla "fisicità" che dovrebbero avere sul palco), Sono Lillo è un'operazione estemporanea quanto si vuole, ma diverte e si diverte modulando sketch e gag alla verve dei suoi interpreti (Pietro Sermonti è incontenibile, il cammeo di Corrado Guzzanti artista concettuale insuperabile), riuscendo anche ad essere credibile per quello che riguarda la linea malinconica (contrappuntata dalla Rapsodia in blu di Gershwin), portando in superficie quel malessere tipico di chi è sempre costretto a far ridere per vivere, messo però in discussione per come vive.
Un prodotto onesto, di rapida fruizione (con gli episodi che durano mediamente 25 minuti), destinato tanto ai fan del Lillo pre-LOL (la nostra generazione di quasi "boomer") quanto agli "ammiratori" di Posaman, che potranno così conoscere un po' meglio chi si nasconde dietro quella maschera.