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Il ragazzo e l'airone © LUCKY RED
Il ragazzo e l’airone, il nuovo film del maestro dell’animazione Hayao Miyazaki, uscirà in Italia il 1° gennaio del 2024, distribuito da Lucky Red che così continua il suo rapporto con lo Studio Ghibli anche per quello che è considerato come l’ultimo lavoro del grande regista nipponico oggi ottantaduenne che, per la verità, si era già ‘ritirato’ con quello che oggi è il suo penultimo film nel 2013, seguito, però, dalla morte del co-fondatore e regista Isao Takahata. Arrivato nelle sale giapponesi il 14 luglio, Il ragazzo e l’airone ha conquistato il box office fin dal primo weekend con 11,3 milioni di dollari, battendo i record precedenti dello Studio Ghibli. A poco più di un mese dall’uscita, ha incassato in patria oltre 45 milioni di dollari. Un risultato importantissimo dal punto di vista commerciale, a dieci anni dal suo ultimo lungometraggio Si alza il vento ottenuto con un’imponente campagna di marketing basata sul… silenzio.
Fino a luglio, in Giappone, è uscito solo un poster: niente Social Media, niente trailer, niente clip, niente formati per Facebook, Instagram e Tik Tok e nemmeno interviste. Una decisione che lo stesso Miyazaki aveva accolto, forse, perfino ‘subito’ non senza una certa preoccupazione, dichiarando – a due settimane dall’uscita – “Mi domando se andrà bene senza nessuna promozione… mi sto iniziando a preoccupare”. Diciamo che anche il grande maestro nipponico si è potuto tranquillizzare subito. Il film ha infatti ottenuto un risultato pazzesco attraverso lo ‘spegnimento’ di tutto il bailamme, talora cacofonico che gira intorno ad un film: dal teaser al trailer, dalla prima clip alla prima foto; dalla prima intervista all’ultima sciacquetta sul red carpet. Niente.
Una non “campagna” ideata da Toshio Suzuki, co-fondatore e Presidente di Studio Ghibli e mente creativa dietro al marketing di tutti i film prodotti dalla società. Lo scorso giugno Suzuki aveva dichiarato alla rivista Bungei Shunju che il film, provvisoriamente chiamato in inglese How Do You Live? e successivamente ribattezzato The Boy and the Heron non avrebbe avuto una campagna pubblicitaria tradizionale: nessun trailer, nessuno spot televisivo, nessun collegamento con il prodotto, niente di niente. "Nel corso degli anni, abbiamo fatto varie cose per convincere il pubblico a vedere i nostri film", aveva detto Suzuki a Bungei Shunju. “Ma ho pensato 'Adesso basta.' Non è divertente fare sempre la stessa cosa”.
Come osservato anche dal Japan Times, ovviamente si tratta di una boutade e di una vera e propria astuta strategia: Suzuki sapeva benissimo che utilizzando solo la locandina de Il ragazzo e l’airone avrebbe stimolato l’interesse dei fans, ma anche del pubblico in generale che in Giappone venera il grande regista per i suoi film dagli incassi stellari. Del resto anche se per la maggior parte del pubblico italiano il nome di Toshio Suzuki potrebbe non avere lo stesso livello di riconoscimento di quello dei registi co-fondatori dello Studio Ghibli – Miyazaki e il compianto Isao Takahata – nel paese asiatico e nel mondo dell’entertainment nipponico Suzuki detiene uno status di semi-celebrità. A parte le frequenti apparizioni sui media, incluso il suo programma radiofonico, è stato anche oggetto di numerosi libri e di una sui materiali delle sue famose campagne pubblicitarie per film come Il mio vicino Totoro e La principessa Mononoke.
Nato a Nagoya nel 1948, Suzuki ha iniziato la sua carriera presso la casa editrice Tokuma Shoten, diventando in seguito l'editore della neonata rivista di anime Animage. Questo lavoro lo ha portato in contatto con Takahata e Miyazaki, e alla fine ha fatto in modo che questo trio creasse il successo di Miyazaki del 1984 Nausicaa e a formare lo Studio Ghibli che si sarebbe occupato dei film dei due registi e di altri autori più giovani, tra cui il figlio di Miyazaki, Goro. Nel suo libro Mixing Work with Pleasure: My Life at Studio Ghibli, Suzuki scrive di aver iniziato a pensare seriamente alla pubblicità dopo che nel 1988 La tomba delle lucciole e Il mio vicino Totoro non erano riusciti ad attrarre un grande pubblico. A tale proposito e per capire le dinamiche artistico-commerciali alla base del fascino dell’animazione giapponese, in Italia è stato appena pubblicato il suo ultimo libro I geni dello Studio Ghibli: Tadao Isahata e Hayao Miyazaki.
Tra date di uscita che vengono posticipate e collaboratori contesi, budget che lievitano e dichiarazioni di ritiro dalle scene, è evidente che anche per lavorare allo Studio Ghibli serve molta pazienza. Qui Suzuki svela i retroscena della produzione di diciannove film e contiene una conversazione unica e irripetibile tra Takahata, Miyazaki e Suzuki che va al cuore riguardo al come si può raggiungere il pubblico. Oggi che Studio Ghibli ha rinnovato il suo parco a tema, rendendolo una sorta di Disneyland locale in salsa anime, la comunicazione social sembra essere diventata indispensabile. E sicuramente lo è davvero, sebbene Suzuki abbia saputo imprimere un suo approccio personalissimo e rispettato da tutti, a partire dal più celebre regista che, per inciso, non è un grande fan dei Social Media e della tecnologia usata in maniera ‘smodata’: “Non sono sicuro che l’essere continuamente esposti a tante immagini sia poi un bene”.
Ha dichiarato qualche anno fa a Venezia Hayao Miyazaki in occasione della consegna del Leone d’Oro alla carriera: “Ogni film deve partire da carta e penna. Mi interessa l’uso delle tecnologie ma – alla base – ci deve essere sempre il lavoro tradizionale”. Ha aggiunto il regista che aveva sempre puntato sulle vendite dei Dvd e sulle sale cinematografiche prima che Suzuki, nel 2020, concludesse la cessione del catalogo Studio Ghibli a HBO Max per il territorio nordamericano. Una sorta di ‘anatema’ come l’ha definito il New York Times per un regista che considerava le piattaforme come in pieno contrasto con la sua visione del mondo nonché la sua filosofia della cura e della consapevolezza.
Sempre il Japan Times, in verità diversi giorni dopo l’uscita trionfale del film, ha definito ‘confuso’ Il ragazzo e l’airone. Secondo i critici giapponesi, infatti, quest’opera sarebbe stata presentata in questa maniera per una strategia che voleva lanciare l’ultimo lavoro del regista nipponico come un vero e proprio evento senza, però, averne davvero lo status. “Il ragazzo e l'airone è più vicino all'auto-omaggio e sembra effettivamente riciclare immagini del passato”, continua Thu-Huong Ha: “L’auto-ripetizione non è insolita per gli autori che ci regalano mondi altamente estetizzati. Questo film assomiglia più a un mosaico del passato che a una visione originale che spinge gli spettatori verso il futuro”.
Una critica costruttiva nei confronti del grande Maestro che è servita, con intelligenza, ad alimentare il dibattito sui Social Media, “dopo” l’uscita nelle sale, quando il pubblico aveva già una sua idea, e fortunatamente, dopo avere pagato il biglietto. Suzuki conclude: “La realtà è che sapevamo bene cosa ci trovavamo dinanzi: e quindi abbiamo pensato che questa volta non fosse necessario fare nulla”.
Ovviamente Toshio Suzuki sapeva che l’assenza di comunicazione, in certi rari casi, è come puntare un enorme riflettore su un grande evento: i film che non hanno una campagna marketing sono quelli che non se la possono permettere e quelli a cui non serve. A Il ragazzo e l’airone, nel paese del Sol Levante, evidentemente, non serviva. I Social hanno fatto il resto celebrando Hayao Miyazaki e il suo film scatenando un enorme attesa virtuale sciolta solo dalle immagini, peraltro straordinarie, del grande regista. Qualcuno, sempre in Giappone, riferendosi al primo titolo del film ovvero Come si vive? (How do We Live?) ha aggiunto: “Come si vive senza Miyazaki?”. Una domanda cui nemmeno un altro genio come Toshio Suzuki può dare una risposta geniale. Purtroppo per tutti noi, a meno che – ovviamente – non ci possa essere un nuovo ripensamento.