“In ogni tempo Dio interpella l’uomo: “Dove sei nel tuo mondo? Dei giorni e degli anni a te assegnati ne sono trascorsi già molti: nel frattempo tu fin dove sei arrivato nel tuo mondo?”, “Adamo sei tu. E a te che Dio si rivolge chiedendoti: ‘Dove sei?’”.

Ogni volta che Dio pone una domanda di questo genere non è perché l’uomo gli faccia conoscere qualcosa che lui ancora ignora: vuole invece provocare nell’uomo una reazione che suscita per l’appunto solo attraverso una simile domanda, a condizione che questa colpisca al cuore l’uomo e che l’uomo da essa si lasci colpire al cuore. Adamo si nasconde per non dover rendere conto, per sfuggire alla responsabilità della propria vita.

Così si nasconde ogni uomo, perché ogni uomo è Adamo e nella situazione di Adamo”. Così Martin Buber commentava – in una conferenza tenuta nel 1947, ripresa poi nel saggio Il cammino dell’uomo – il celebre passaggio di Genesi 3,9, “Dove sei?”, la prima domanda, il primo discorso diretto che Dio in tutta la Bibbia rivolge ad una persona. Sappiamo, lo ricorda il filosofo austriaco naturalizzato israeliano, come si comporterà l’uomo - che dopo aver commesso il peccato si era sottratto allo sguardo di Dio - davanti a quell’appello: “Rispose: Ho udito il tuo passo nel giardino: ho avuto paura, perché sono nudo, e mi sono nascosto”.

Charles Peccia Galletto e Laure Calamy in Mon inséparable
Charles Peccia Galletto e Laure Calamy in Mon inséparable

Charles Peccia Galletto e Laure Calamy in Mon inséparable

(Les Films Pelleas)

Ogni età della storia è pesantemente caratterizzata da conflitti, situazioni di tensione, gravi preoccupazioni sul futuro della comunità umana: anche le epoche definite di pace molto spesso lo sono state solo in apparenza perché per indifferenza non si è voluto o non si è saputo guardare a quelle nazioni e popoli – lontani dalla considerazione dell’Occidente e delle superpotenze – insanguinati dalle guerre o affamati dalle carestie.

Davanti a questi drammatici fenomeni – sui quali, triste novità di questi decenni grava anche la questione ambientale – molto spesso pur di non prendere posizione e agire di conseguenza si invoca come tentativo auto-assolutorio una complessa rete di cause globali, l’interconnessione di vicende, il condizionamento della storia, l’invadenza delle logiche perverse dell’economia…

Come fu per Adamo, anche ciascuno di noi è raggiunto dalla stessa domanda di Dio: “Dove sei?”, cosa stai facendo tu per alleggerire con le tue azioni virtuose, anche solo nella cerchia delle tue relazioni, uno di questi drammi del mondo? Quali dei tuoi stili personali hai convertito per evitare di peggiorare, pur solo nell’ambito del tuo raggio d’azione, la vita di chi già soffre? Non basta infatti autoproclamarsi innocenti dicendo di “non aver mai fatto nulla di male”, occorre agire per il bene.

“Per quanto voi vi crediate assolti, siete per sempre coinvolti”, cantava Fabrizio De André nella Canzone del Maggio. Denunciava in musica chi a Parigi, nel maggio del ’68, si riteneva innocente solo perché era rimasto inerte in disparte per paura, disinteresse o convenienza e si autoproclamava “non colpevole” perché non aveva partecipato né all’insurrezione degli operai e giovani in piazza contro le ingiustizie sociali, né aveva agitato i manganelli della repressione delle forze dell’ordine.

“Uomo, dove sei” è la chiamata alla responsabilità personale, è l’appello per tornare a scoprire la significatività e la conseguenza di ogni nostra singola azione, è l’urlo che ci fa alzare lo sguardo dagli schermi degli smartphone che annebbiano la nostra coscienza, è lo smascheramento dell’alibi collettivo dietro al quale tutti tentiamo di nasconderci per evitare di collaborare a portare speranza davanti ai mali che affliggono l’umanità. “In questo mondo siamo caduti nella globalizzazione dell'indifferenza. Ci siamo abituati alla sofferenza dell’altro, non ci riguarda, non ci interessa, non è affare nostro!”, denunciava papa Francesco all’inizio del suo pontificato nella storica visita a Lampedusa.

Lost Country
Lost Country

Lost Country

(Kino Elektron/Easy Riders Film)

L’eco della stessa domanda divina guida l’edizione XXVIII di Tertio Millennio Film Fest, che si svolgerà dall’11 al 16 novembre presso il Cinema delle Provincie a Roma. Ad amplificare e rilanciare questo appello saranno le donne e gli uomini del gruppo di lavoro ecumenico ed interreligioso che arricchisce – insieme alle opere selezionate per il concorso – il percorso del festival.

Of Dogs and Men del regista israeliano Dani Rosenberg o Songs of Slow Burning Earth di Olha Zhurb pongono lo spettatore di fronte a storie di conflitti e perdite, ma anche di riscatto. Lost Country di Vladimir Perisic e Il mio compleanno di Christian Filippi esplorano l’impatto delle crisi sociali e familiari sui rapporti umani, mentre About Luis di Lucia Chiarla e Mon Inséparable di Anne-Sophie Bailly ci fa riflettere sulla fragilità delle relazioni. Madame Hoffman di Sébastien Lifshitz e Paternel di Ronan Tronchot, offrono intensi ritratti di vita, dove si intrecciano perdita e redenzione, individualismo e riscoperta dell’altro. Anche la retrospettiva dedicata al regista rumeno Cristian Mungiu, una voce autorevole del cinema europeo, offre uno sguardo profondo sulla natura dell’essere umano e sui compromessi che plasmano la nostra identità contemporanea.

Il cinema ancora una volta si rivela così lo strumento privilegiato per porre le domande, risvegliare l’uomo dal suo torpore, renderlo consapevole delle proprie responsabilità e – senza che venga schiacciato dal peso della sua colpa o del giudizio – consentirgli di ripartire recuperando la propria vocazione originaria, l’essenza dell’autenticità umana. Come annota, ancora una volta, Buber: “Adamo affronta la voce, riconosce di essere in trappola e confessa: “Mi sono nascosto”. Qui inizia il cammino dell’uomo. Il ritorno decisivo a sé stessi è nella vita dell’uomo l’inizio del cammino, il sempre nuovo inizio del cammino umano”.