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Hedy Lamarr
Nessun’altra attrice incarna meglio di Hedwig Eva Maria Kiesler gli splendori e le miserie dell’emigrazione sulla rotta Vienna-Berlino-Hollywood, prima e dopo l’avvento del nazismo. Figlia di un direttore di banca e di un’ex-pianista entrambi di origine ebraica, nasce a Vienna il 9 novembre 1914. Studia recitazione con Max Reinhardt, che la dirige a teatro, mentre la si nota nelle sue prime apparizioni sullo schermo.
La celebrità arriva soltanto con Estasi (1933) del cecoslovacco Gustav Machatý che, premiato alla seconda Mostra di Venezia, fa della impacciata diciottenne che corre nuda nel bosco prima di tuffarsi nel lago il sex symbol degli anni trenta. Nell’autunno del ’37 – dopo una rocambolesca fuga dalla prigione dorata in cui il primo marito, l’equivoco mercante d’armi Fritz Mandl l’aveva rinchiusa – viene scoperta da Louis B. Mayer, il mogul della Mgm che la ribattezza Hedy Lamarr ancor prima dello sbarco in Usa. Negli studi californiani affollati di europei, per la nuova arrivata ci sono solo ruoli di straniera bellissima ma calamitosa.
L’avventuriera traditrice di Un’americana nella casbah (1938), la spregiudicata rovinafamiglie di La febbre del petrolio (1940), la disinibita indigena di La sirena del Congo (1942) confermano la sua strepitosa fotogenia, la marmorea fisicità di un corpo senz’anima. L’incontro più importante è quello con King Vidor per Il molto onorevole Mr. Pulham (1941), un’amara commedia che si interroga sull’american dream dove è un’immigrata europea dallo spiccato accento austriaco decisa a affermarsi a ogni costo, diventando più americana degli americani.
Negli alti e bassi di una carriera diseguale, si cimenta in tutti i generi, nel musical e nell’esotico, nello spionistico e nel drammatico, accanto ai divi del momento da Charles Boyer a Clark Gable, senza mai allontanarsi troppo dal personaggio della predatrice compulsiva e scandalosa. Nel ’46 tenta la produzione indipendente con Venere peccatrice, il piccolo capolavoro noir firmato Edgar G. Ulmer che rivela le fragilità di una autodistruttiva dark lady in cui si riconosce.
Quando DeMille la vuole per Sansone e Dalila (1949), fumetto biblico di sontuosa magniloquenza, la popolarità della diva è al massimo. In coppia con Victor Mature, la sua abbagliante sensualità fa fremere le platee. Ma negli anni seguenti siamo già al fine partita. La sua vita privata, in cui colleziona sei mariti, due figli, innumerevoli relazioni, è sempre più in bilico tra laceranti conflitti emotivi che confida allo psicoanalista e momenti di grande lucidità in cui gioca in Borsa con successo. La stampa si occupa di lei solo in occasione degli arresti per cleptomania.
Se ne ricorda Andy Warhol nel suo film Hedy the Shoplifter del ’66, spericolato omaggio alla “donna più bella del mondo” ormai sfiorita. Ma la rivincita arriva quando nel 1997 l’Electronic Frontier Foundation le conferisce a sorpresa il Pioneer Award per l’invenzione del frequency hopping, il salto di frequenza che aveva brevettato più di cinquant’anni prima, rivelatosi alla base della moderna telefonia mobile. “Era ora”, commenta la coriacea ultraottantenne che il 19 gennaio 2000 scompare in Florida.