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Ficarra e Picone in Santocielo
Uscirà il 14 dicembre in oltre 600 sale, più una serie di anteprime per il pubblico a partire da domani (prima tappa: Catania), Santocielo, l’ottavo film di Ficarra e Picone, con regia di Francesco Amato, il settimo targato Medusa. Numeri da frontrunner delle feste, dove probabilmente si contenderà il primato degli incassi con Wonka e Aquaman – Il regno perduto di Warner (senza dimenticare Come può uno scoglio con Pio e Amedeo, titolo Vision, che arriverà più tardi, il 28 dicembre). L’obiettivo è di replicare il successo dell’ultima sortita della coppia, Il primo Natale che a dicembre 2019 totalizzò oltre 15 milioni di euro al box office.
Diluvio o Salvezza?
Un precedente rispetto al quale l’Ad di Medusa Giampaolo Letta si lascia scappare una battuta con annessi scongiuri: “Santocielo è il Secondo Natale”. In effetti il film ruota attorno a una seconda natività, dopo quella legittimamente tramandata dai Vangeli. Il Padreterno (Giovanni Storti) è in ambasce per il genere umano, considerato dall’Assemblea degli Angeli senza speranza. Al punto che il parlamento celeste mette ai voti il suo destino: diluvio o invio di un nuovo Messia? Decisione grave su cui non vige il metodo teocratico. Dio deve rimettersi alla decisione dell’assemblea che, per un solo voto di scarto, si esprime per l’invio di un nuovo Salvatore. L’angelo incaricato di annunciare la Buona Novella è Aristide (Valentino Picone), un addetto allo smistamento preghiere che, appassionato di canto, sogna la promozione al Settimo Cielo tra i coristi angelici. Ovviamente Aristide combinerà un pasticcio dopo l’altro, coinvolgendo nel suo sgangherato progetto un vicepreside di un istituto cattolico (Salvo Ficarra) alle prese con la separazione dalla moglie (Barbara Ronchi) e una giovane e attivissima suora (Maria Chiara Giannetta).
Contro ogni pregiudizio
“Un progetto nato dal desiderio di scrivere un film sugli angeli”, confessa Salvo Ficarra che, con il sodale Picone, non è nuovo a incursioni nella religione. “Nel Primo Natale – ricorda Valentino Picone – interpretavo un prete, qui addirittura sono stato promosso ad angelo”. Una voglia di cimentarsi con la dimensione religiosa “all’apparenza provocatoria ma sempre rispettosa: l’idea di partenza può sembrare blasfema solo se la approcci con una mentalità chiusa. Grazie alla sua provocazione il film riesce invece a seminare interrogativi importanti”.
I temi toccati da Santocielo oscillano tra sacro e profano, abbracciando la ricerca dell’amore, la speranza, il ruolo delle donne, i diritti: “Questo è un film contro i pregiudizi. Del resto – si chiede Ficarra - si può regolamentare l’amore?”.
L’umorismo ebraico
Barbara Ronchi e Maria Chiara Giannetta sono il controcanto femminile del film, dove interpretano due personaggi che non potrebbero essere più diversi - una psicologa che non ne azzecca una e una suora che fa la cosa giusta – anche se, concedono, “accomunate da un percorso di trasformazione che le rende alla fine più accoglienti”. A Giovanni Storti è toccato il ruolo di Dio: “Come Morgan Freeman”.
Francesco Amato preferisce sottolineare la leggerezza con cui Santocielo sa affrontare anche questioni serie, come nella lezione dell’umorismo ebraico: “Avevamo riferimenti importanti come Billy Wilder, Mel Brooks e Woody Allen, la loro capacità di parlare di teologia e psicanalisi con grande autoironia”.