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Il presidente di giuria di Cannes 76 Ruben Östlund - Foto Karen Di Paola
"Dobbiamo seguire il nostro istinto senza preoccuparci troppo di essere intelligenti quando decidiamo di dire qualcosa, di confrontarci: mi auguro che la conversazione sia costantemente aperta tra noi e che non ci si appiattisca a raggiungere il consenso a tutti i costi".
Dalla Svezia con furore, il regista due volte Palma d'Oro Ruben Östlund traccia la strada - per il momento teorica - della giuria che è chiamato a presiedere per questa 76ma edizione del Festival di Cannes.
Festival che tra qualche ora avrà la sua cerimonia d'apertura seguita dalla proiezione Fuori concorso di Jeanne du Barry di Maïwenn, film che ha già fatto parlare di sé (e molto) per tutta una serie di motivi extracinematografici, ad iniziare dalla presenza di Johnny Depp, bandito dall'industria hollywoodiana in seguito alle accuse dell'ex moglie Amber Heard (per le quali l'attore è stato assolto dopo un processo-show che ha avuto comunque i suoi inevitabili strascichi), ma non per questo considerato "persona non grata" qui a Cannes (anche se nelle ultime ore è montata la protesta #CannesYouNot con l'attivista Eve Barlow in prima linea), con Frémaux che ieri ha tagliato corto sulla questione, per proseguire con i finanziamenti ricevuti dal film arrivati in larga parte dalla fondazione saudita Red Sea International Film Festival e via dicendo.
Ogni occasione dunque è buona (anche perché, va detto, finora "ufficialmente" la stampa non ha visto nessun film tra quelli in Selezione) per rintuzzare e rinfocolare le polemiche.
Così alla giurata Brie Larson (prima volta a Cannes per lei), membro del #MeToo e di Times Up, oltre a chiedere se non è giunto forse il momento di vedere a Cannes (o in qualche altro grande festival) qualche cinecomic Marvel (lei è Captain Marvel), "non saprei, non ho mai curato un festival cinematografico", viene anche chiesto se questa sera vedrà il film con Johnny Depp (cosa che non rientrerebbe nella sua mansione, dato che il film è fuori competizione): "Mi dispiace, non comprendo la correlazione o perché questa domanda venga fatta proprio a me", la risposta salomonica dell'attrice, che tra un paio di giorni arriverà nelle sale di tutto il mondo con Fast X.
Un "silenzio" che sarà piaciuto al presidente Östlund, dato che "rispetto agli altri anni questa giuria non farà trapelare nessun rumors su film più o meno favoriti al palmares finale", ma che non cala quando si torna a parlare dell'agitazione in corso ormai da settimane promossa dalla WGA: "Sono dalla loro parte", dice il regista svedese a proposito dello sciopero degli sceneggiatori USA, così come lo è l'attore e regista Paul Dano, altro membro della giuria: "Mia moglie (l'attrice e sceneggiatrice Zoe Kazan, ndr) è lì a picchettare con nostro figlio di sei mesi in braccio, non appena andrò via da Cannes li raggiungo anche io".
Completano la giuria la regista marocchina Maryam Touzani, l’attore francese Denis Ménochet, la sceneggiatrice e regista anglo-zambiana Rungano Nyoni, l’autore afghano Atiq Rahimi, il regista e sceneggiatore argentino Damián Szifrón e la regista francese Julia Ducournau, che nel 2021 vinse la Palma d'Oro per Titane. E che, ci auguriamo, non se la sia presa quando Nanni Moretti (quest’anno in gara con Il sol dell’avvenire) via Instagram accolse con malcelata ironia quel verdetto, con il suo Tre piani rimasto fuori dal palmares.