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Robert De Niro in Zero Day - Courtesy of Netflix
Robert De Niro è uno dei più grandi attori della sua generazione, uno di quelli che nei numerosi anni di carriera ci ha abituato a qualsiasi tipo di personaggio: dal boss al poliziotto, dal marito all’amante, dal dramma alla commedia, un artista capace di poter dare profondità a qualsiasi interpretazione. Dopo essere stato tra i protagonisti di The Irishman di Martin Scorsese, torna su Netflix con la sua prima serie tv: Zero Day, disponibile in 6 episodi dal 20 febbraio.
Un cyber thriller politico che lascia con il fiato sospeso e con molti interrogativi, come trovare la verità in un mondo in crisi e apparentemente lacerato da forze al di fuori dal nostro controllo? E in un'epoca piena di teorie del complotto e sotterfugi, quanto di queste forze è frutto delle nostre stesse azioni, o forse persino della nostra immaginazione?
All’indomani di un attacco informatico che ha messo in ginocchio l’America, la signora presidente Mitchell (Angela Bassett), istituisce una commissione chiamata a trovare i responsabili dell’attentato costato la vita a migliaia di persone. A capo della task force si decide per l’uomo che è stato amato da tutti gli schieramenti per la sua leadership equilibrata e la grande umanità, l’ex Presidente Mullen, colui che quando aveva il secondo mandato assicurato ha rinunciato a causa di un grave lutto, aveva appena perso il figlio per overdose.
De Niro, 81 anni, si collega su zoom da un grande albergo londinese, capello lungo e completo nero: “Questo Zero Day è qualcosa di possibile, che può davvero accadere”- sottolinea l’attore - “può essere pericoloso avere tutto il potere che viene dato al mio personaggio, ma andando avanti con la storia ti rendi conto che nonostante l’indecisione sull’essere d’accordo o meno con le sue scelte, di sicuro comprendi il suo dilemma”.
È proprio questo uno degli aspetti più interessanti dello show, mostrare l’imperfezione di un uomo così influente, il lato privato di chi guida le nazioni, le incertezze e le problematiche di una persona chiamata a sostenere una grande responsabilità ma che nel frattempo deve combattere anche e soprattutto i suoi demoni. “Se ci pensi chi riflette su com’è la vita di un ex presidente? - dice l’attore - forse l’idea che ti fai è che sia sempre impegnato nelle sue cose, un meeting o una riunione, ma la vera domanda è: cosa rimane di tutto quel potere quando si ritirano? Come nel caso di Mullen al massimo possono scrivere un’autobiografia, se ci riescono”.
Inevitabile il paragone con alcuni ex Presidenti, soprattutto quelli con il profilo simile al personaggio, ma De Niro assicura che “non ho pensato a nessuno in particolare, forse giusto un po' a Clinton, ma non ho usato nessuno per ispirarmi”.
Infatti il suo ex Capo di Stato è un uomo che sa anche come usare i metodi forti, in una situazione di crisi è facile perdere la bussola: “La carriera di Mullen è stata lunga e prima di ricoprire l’alta carica era stato un pubblico ministero, questo lo ha messo nella posizione di sapere quando spingersi oltre, solo che in passato gli era sempre successo senza complicazioni, in modo giusto - spiega De Niro - qui ad un certo punto la situazione si fa disperata e c'è bisogno di risposte è lì che il mio personaggio rischia di complicare tutto, perché si spinge oltre. Ma lui sente di doverlo fare”.
Il fine giustifica i mezzi, dunque? Questa serie ci somiglia più di quanto crediamo, il mondo di connessioni che abbiamo creato e che gestisce le nostre vite, è lo stesso che può distruggerci, la plausibilità della storia ha convinto l’attore di Taxi Driver a diventarne anche produttore esecutivo, mentre quello che l’ha spinto a trovare un progetto che fosse sì impegnativo, con oltre 9 mesi di riprese, ma soddisfacente, è stato l’amore per la famiglia, lui newyorkese doc, voleva essere presente a casa: “Ho chiesto al mio agente di cercare un progetto lungo, che mi permettesse di essere a New York, quando Eric Newman mi ha parlato di Zero Day ho pensato fosse perfetto, dietro questa serie ci sono degli sceneggiatori competenti, che sanno di cosa stanno parlando, ogni volta che terminavano una stesura me la inviavano e alla fine ho pensato che fosse perfetta”.